Peacekeeping e Covid-19: una sfida urgente e complessa

 Peacekeepers dell'ONU provenienti dal Marocco effettuano una pattuglia nella Repubblica Democratica del Congo, marzo 2020 Peacekeepers dell'ONU provenienti dal Marocco effettuano una pattuglia nella Repubblica Democratica del Congo, marzo 2020 Bangkok Post

30 maggio 2020

Le violenze crescenti contro i civili e le restrizioni dovute alla pandemia da Covid-19 rendono difficile l’azione dei peacekeepers

Il devastante attacco a un reparto di maternità dell’ospedale di Kabul a inizio maggio ha mostrato che la diffusione del coronavirus non ha fermato le violenze armate contro i civili, nonostante l’appello del Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres per un cessate il fuoco globale. Molti gruppi armati e alcune forze statali hanno anzi incrementato gli attacchi, approfittando apertamente della crisi. Nel mese di aprile una grande quantità di attacchi armati si sono verificati in Mali, in cui sono rimaste uccise 12 persone e nella Repubblica Democratica del Congo dove le vittime sono state 17. A inizio maggio 27 sono stati i morti nella Repubblica Centrafricana. Nell’Africa Subsahariana, tra marzo e aprile, gli attacchi hanno subito un aumento del 37% e ulteriori dati sugli attacchi in Mali e Burkina Faso stanno ancora emergendo. L’intensificazione delle violenze è stata accompagnata dall’incremento delle restrizioni dovute al Covid-19. Tale situazione pone nuove sfide all’azione dei peacekeepers.

I peacekeepers dell’Onu, infatti, che lavorano per proteggere i civili in questi paesi stanno velocemente riorganizzando le loro strategie. Generalmente gli operatori delle missioni di peace-keeping fanno molto affidamento sull’interazione con la popolazione locale, ma in questo momento ciò risulta particolarmente difficile a causa dell’emergenza sanitaria. Sebbene non sia la prima volta che i peacekeepers si trovano ad operare durante una crisi sanitaria, le sfide che essi devono fronteggiare in questo momento sono oltremodo complesse; non poco significativo è il fatto che la maggior parte dei fondi a loro disposizione siano stati dirottati per la pandemia. Le restrizioni economiche mettono a rischio i civili e ne incrementano la suscettibilità alla radicalizzazione e al reclutamento da parte di gruppi armati. Le tensioni preesistenti si sono esacerbate in molti paesi dove le minoranze e i gruppi più vulnerabili subiscono stigmatizzazioni e vengono considerati colpevoli di diffondere il virus. Inoltre, sono alimentati cattiva informazione e sentimenti anti-Onu.

Il Covid-19 ha evidenziato le principali fratture sociali di molti paesi e le misure di contenimento impediscono azioni significative di protezione nei confronti della popolazione civile. Per tale ragione l’Onu vuole assicurarsi che le misure di confinamento e contenimento siano conformi ai diritti umani e agli standard internazionali di protezione. Lo scopo delle Nazioni Unite è quello di continuare efficacemente le azioni di peace-building nel mondo attraverso il coinvolgimento diretto degli attori locali. Gli operatori delle missioni di peace-keeping riaffermano l’appello di Antonio Guterres rivolto alle agenzie locali e regionali per favorire una cessazione delle ostilità e una promozione di misure conformi ai diritti umani per far fronte alla pandemia.

 

Per saperne di più: 

https://theglobalobservatory.org/2020/05/un-peacekeeping-protection-of-civilians-in-covid-19-era/

https://news.un.org/en/story/2020/05/1064942

 

Autore: Edward Jarvis; Traduzione: Leyla El Matouni

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