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L’Osservatorio si occupa quotidianamente di monitorare il web e altre fonti di informazione per fornire notizie di approfondimento sull’impatto dei conflitti armati contemporanei sui civili.

A due anni dal culmine del conflitto tra le forze irachene e lo Stato Islamico (ISIS), milioni di sfollati in Iraq vivono ancora in alloggi provvisori o in campi.  


Dei 5.8 milioni di civili costretti a lasciare la propria casa a seguito dellavanzata dell’ISIS in Iraq nel 2014, oltre 1.8 milioni sono ancora privi di alloggi permanenti e stabili. Alcuni, attualmente, subiscono pressioni intese a indurli a far ritorno in condizioni non sicure, mentre altri vivono in alloggi privati. Molti sfollati sono restii a tornare a casa, dal momento che 242 quartieri in Iraq sono disseminati di mine e altri esplosivi. 

Non sono rari i casi di nuclei familiari costretti ad abbandonare le proprie abitazioni perché i ritenuti vicini all’ISIS ("divieto di associazione"). Questa situazione colpisce maggiormente donne e bambini, i cui diritti umani fondamentali sono così violati e a cui è impedito de facto di reinserirsi nella società. Ai civili ritenuti colpevoli di divieto di associazione è preclusa la possibilità di ricevere l’assistenza sanitaria, l’accesso ai servizi di base, la libera circolazione e il possesso dei documenti di identità. Questa situazione ha maggiore impatto sui bambini, che vengono addirittura privati del certificato di nascita richiesto per iscriversi a scuola. Approssimatamente 156.000 individui sono sprovvisti di documenti, perché considerate vicine all'ISIS o perché vivono ancora nei territori controllati dal Daesh. 

È in corso un dibattito sulla realizzazione di complessi residenziali pubblici per ospitare le famiglie sospettate di essere affiliate all’ISIS. Il tempo di permanenza in questi complessi sarebbe indefinito, e il governo è poco incline a far supervisionare le aree residenziali alle organizzazioni umanitarie. Per il momento 1.072 civili della provincia irachena occidentale di Anbar torneranno a casa in settimana, grazie a un’iniziativa del Dipartimento iracheno di Dislocamento e Migrazione. 

L’Unione Europea ha destinato 2 milioni di euro per gli alloggi nei campi di accoglienza destinati a circa 35.000 civili. «Se per molte famiglie sfollate è difficile far ritorno a casa, non possiamo dimenticare coloro che sono ancora bloccati nei campi», riferisce Christos Stylianides, Commissario europeo per gli Aiuti Umanitari e la Gestione della Crisi. Il commissario ha fatto inoltre presente che «le persone sfollate che hanno accesso all’assistenza umanitaria restano una priorità per l’UE in Iraq». I fondi verranno destinati ai campi di accoglienza di Jad’ah, fuori Qayyara, dove una parte dei 1.5 milioni di iracheni sfollati continua a vivere. Il contributo è stato possibile grazie all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), con la speranza di migliorare le condizioni di vita degli sfollati interni.

 

Per saperne di più: 

https://www.hrw.org/news/2019/06/14/iraq-displaced-people-unable-return-home-years-after-battles

https://www.kurdistan24.net/en/news/6c32008c-dde9-42ce-8b05-42b4b5f0df8d

https://www.hrw.org/news/2019/06/14/iraq-not-homecoming

https://www.kurdistan24.net/en/news/877c1cc3-f40c-473a-8542-b144192f1374

 

Simona Smacchi

Pubblicato in Iraq - Rassegna Web
Martedì, 25 Giugno 2019