PROTEZIONE DEI CIVILI 2022: guerra urbana e sfollamento

Bandiera delle Nazioni Unite Bandiera delle Nazioni Unite Shutterstock

Questo è un breve riassunto del side event dedicato al tema dello sfollamento causato dai conflitti urbani

L’evento “Urban Warfare and Displacement,” tenutosi il 27 maggio 2022, è stato organizzato con l’intento di sensibilizzare il pubblico sul tema della protezione dei civili in zone di conflitto, enfatizzando nello specifico il tema della guerra urbana e le conseguenze sulla popolazione civile delle armi esplosive, una delle principali cause di sfollamento. 

Il webinar è stato moderato da Grainne O’Hara, direttrice della Divisione Protezione Internazionale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), ed introdotto dalla vicedirettrice della Missione Permanente della Repubblica d’Irlanda all’ONU, Cáit Moran.

Il primo intervento è stato quello di Muhanad Abdulsalam, che ha raccontato la sua esperienza personale come sfollato interno (internally displaced person, IDP). Oggi avvocato e attivista, Abdulsalam è stato coinvolto negli scontri tra ISIS e forze governative irachene nella battaglia di Mosul a fine 2016, rimanendo mutilato a causa di una mina. Nelle intenzioni di Abdulsalam, la testimonianza della sua esperienza, particolarmente drammatica e rappresentativa della dura realtà della guerra, deve servire da monito alla comunità internazionale sugli effetti devastanti delle armi esplosive sui civili nelle zone di conflitto. Il fatto che molte di queste siano vietate da convenzioni internazionali non è bastato a istituire un meccanismo efficace di prevenzione del loro utilizzo nelle aree urbane, causando alla popolazione civile sofferenze senza fine, aggravata dalla difficile prospettiva di un ritorno alla propria vita e casa in tempi brevi.

Tra i relatori della conferenza si citano Cecilia Jimenez-Damary, Special Rapporteur per i diritti umani degli sfollati interni, e Cecile Aptel, vicedirettrice UNIDIR. Entrambe hanno presentato e commentato alcuni dati che mostrano la drammaticità della situazione attuale degli sfollati interni: nel 2021 si sono registrati 14,4 milioni di nuovi movimenti, un incremento del 50% rispetto all’anno precedente. Inoltre, la natura dei conflitti nei quali queste persone sono state coinvolte è decisamente più asimmetrica e frammentata, con un maggior numero di attori non-statali e paramilitari che hanno contribuito allo spostamento delle zone calde dei conflitti verso le aree urbane densamente popolate. La dottoressa Aptel ha inoltre dedicato buona parte del suo intervento alla spiegazione degli effetti indiretti e riverberanti delle armi esplosive: rischi per la salute a medio-lungo termine, inagibilità di infrastrutture civili come scuole e ospedali, interruzione di servizi essenziali, deterioramento delle condizioni igieniche e così via. Chiaramente, le categorie di persone più vulnerabili, come donne, bambini, anziani, e persone con disabilità, sono molto più esposte a questi danni indiretti, alcuni dei quali si registrano quasi esclusivamente per alcune singole categorie tra quelle citate, come l’esacerbarsi di atti di violenze sessuali per le donne. Oltre a quelli già citati, tra le conseguenze sul lungo periodo dell’utilizzo di armi esplosive vi sono ingenti danni ambientali, per i quali non esistono ancora del tutto rimedi efficaci e duraturi. 

Un altro intervento rilevante è stato quello di Ilene Cohn, direttrice dello UN Mine Action Service (UNMAS), che discusso delle problematiche relative alla contaminazione di mine nelle zone di conflitto, principale causa di morte e ferimento per gli sfollati che fuggono o che cercano di tornare nei loro luoghi d’origine. 

Da questi interventi si evince una convergenza di idee per quello che riguarda le azioni da intraprendere. Le più immediate si basano su un approccio preventivo e che includa il più possibile le realtà locali nelle loro relazioni con le ONG, gli attori politici e il sistema multilaterale ONU. Inoltre, è necessario che le parti coinvolte inizino genuinamente a garantire un accesso facilitato per gli aiuti umanitari e a implementare le loro obbligazioni secondo il diritto umanitario internazionale e le leggi di guerra. Sul lungo periodo, l'obiettivo più auspicabile è un divieto totale delle armi esplosive nelle aree urbane, anche se gli attori non ufficiali (organizzazioni terroristiche, gruppi paramilitari…) sono difficili da regolamentare e alcuni stati hanno dimostrato di non essere sufficientemente disposti a rispettare i meccanismi di prevenzione esistenti.

Alcuni di questi ultimi punti sono stati l’argomento principale dell’ultimo intervento della conferenza, quello di Marc Garlasco, consulente militare presso la ONG PAX for Peace. Questi enfatizza il ruolo cruciale che le stesse forze armate ricoprono nel prevenire attacchi indiscriminati e nel garantire i percorsi sicuri e le migliori pratiche al fine di salvaguardare l’incolumità e la sicurezza dei civili.

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