PROTEZIONE DEI CIVILI 2022: Priorità alla protezione dei civili nel peacekeeping

Bandiera delle Nazioni Unite Bandiera delle Nazioni Unite Andrea Izzotti via Shutterstock

Il secondo giorno della Poc Week 2022 si è tenuto un dibattito sulla priorità della Protezione dei Civili nei processi di pace

24 maggio. L’ambasciatrice Byrne Nason ha aperto l’incontro richiamando l’attenzione sulla Risoluzione 2594 adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 2021. Questa risoluzione ha stabilito che le operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite devono dare priorità alla partecipazione nazionale e locale, ad una pianificazione e coordinamento coerenti e integrati e all'impegno con la società civile, inclusi soprattutto le donne e i giovani tra le altre parti interessate nella loro elaborazione e transizione. Promossa dall'Irlanda, l'UNSCR 2594 (2021) è stata una pietra miliare che ha posizionato la protezione dei civili (PoC) al centro delle transizioni delle Nazioni Unite. Essa consolida gli insegnamenti tratti dalle precedenti missioni delle Nazioni Unite sulla base di un approccio inclusivo e sottolinea che, nella pianificazione delle transizioni, le operazioni di pace dovrebbero garantire una pianificazione congiunta con i partner nazionali e locali, compresa la società civile, e dovrebbero dare priorità ai diritti umani e alla protezione dei civili.

L'obiettivo di questo evento era quello di esaminare l'attuazione pratica della risoluzione, sulla base di recenti ricerche della Repubblica Democratica del Congo. Durante l’incontro i partecipanti hanno esaminato le realtà sul campo attraverso esempi concreti e hanno affermato come la protezione dei civili sia prioritaria durante i processi di transizione, in particolar modo la protezione di specifici gruppi vulnerabili. Questo punto in particolare è stato sollevato da Madame Albertine Kungwa Assa (rappresentante della società civile della Repubblica democratica del Congo), impegnata nella la lotta contro lo sfruttamento sessuale e le molestie in cooperazione con le Nazioni Unite.

Dopo la sua dichiarazione, Aditi Gorur, Senior Policy Advisor of Permanent Mission of U.S. alle Nazioni Unite, ha sottolineato un continuo "dilemma" sulla protezione dei civili durante i conflitti armati: "I peacekeepers a volte non sono in grado di attuare una protezione effettiva dei civili perché ciò che la comunità chiede non è sempre ciò che le forze di pace delle Nazioni Unite fanno". Tale osservazione riguardante il ruolo delle Nazioni Unite sottolinea come questa transizione sia ritenuta da più partecipanti non completata o insufficiente.

Inoltre, altri punti di discussione sono stati: il modo in cui i fattori PoC si trasformano in parametri di riferimento congiunti per la transizione; le decisioni operative sulle chiusure di basi e di uffici, il modo in cui vengono utilizzati i meccanismi di valutazione del rischio, di allerta precoce e di responsabilità. A questo proposito, cruciali sono stati gli interventi di Erica Bussey (Joint Human Rights Office, MONUSCO) e Dirk Druet (UN Transitions Projects), come attore primario nel riconoscimento dei diritti umani con un ruolo unico nella conseguente transizione. In questo contesto, hanno anche sottolineato l'importante ruolo delle donne e la necessità di metterle al centro di queste operazioni.

Infine, si è fatto riferimento agli sforzi in corso per rafforzare la titolarità locale e nazionale, coinvolgere le comunità e creare spazi civici e canali di partecipazione per la società civile nella pianificazione della transizione al mantenimento della pace, dando priorità alla sicurezza e alla capacità dei partner locali. L’ambasciatrice Rebab Fatima ha poi concluso la discussione enfatizzando l'importanza della protezione dei civili, la quale è una responsabilità condivisa e dovrebbe vedere i civili al centro di ogni riforma di transizione, specialmente nei paesi più vulnerabili.

 

di Sofiya Ricci Zubok e Alexia Tenneriello

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