La Libia, uno dei maggiori paesi produttori di petrolio al mondo, ospita oltre 636.000 rifugiati e migranti, secondo gli attivisti dei diritti umani. Il 2 luglio un attacco aereo ha colpito il Centro di Detenzione di Tajoura, situato appena al di fuori della capitale della Libia, Tripoli. All’inizio del mese, almeno trenta persone hanno perso la vita in un attacco dell’accademia militare. Il 26 gennaio altre tre persone sono morte e decine di persone ferite a causa dei conflitti di governo.
Gli scontri sono aumentati nel Paese a partire del 2011, da quando Mummar Gaddafi, il leader della nazione, è stato ucciso in una insurrezione. Attualmente, la nazione è divisa da due amministrazioni rivali: il Governo di Accordo Nazionale ad interim (GNA) e la Camera dei Rappresentanti, schierata con il Libyan National Army (LNA). Nonostante si siano compiuti vari sforzi diplomatici per risolvere il conflitto, le violenze persistono.
Jeff Crisp, un ricercatore presso il Centro Studi sui Rifugiati all’Università di Oxford, ha riferito che il conflitto probabilmente si intensificherà da Al Jazeera, causando più morti e “rendendo la vita ancora più precaria per rifugiati e migranti.” Il conflitto ha costretto i migranti a percorrere le rotte migratorie più pericolose al mondo, con il disperato tentativo di trovare rifugio in Europa.
Il Commissario dell’ONU per i diritti umani, Michelle Bachelet, ha riferito all’UN News che “l’attacco di Tajoura, a seconda delle circostanze, può essere considerato un crimine di guerra.” L’ONU ha chiesto che i responsabili dell’attacco aereo di luglio vengano al più presto consegnati alla giustizia, visto che ancora non ciò non è avvenuto.
Per saperne di più:
https://news.un.org/en/story/2020/01/1056052
Author: Teagan Foti; Editor: Simona Smacchi