Myanmar, l’impatto del golpe militare sulle operazioni umanitarie

 Bambini con foglie di thanaka dipinte sul viso Bambini con foglie di thanaka dipinte sul viso Foto di Sippakorn Yamkasikorn su Unsplash

02 Febbraio 2021

Il colpo di stato militare impedisce alle associazioni umanitarie di fornire assistenza ad una popolazione che dipende dagli aiuti esterni

Il colpo di stato militare avvenuto lunedì 1 febbraio con l'arresto della leader democratica Aung San Suu Kyi ha riportato il Paese in uno stato di emergenza. Le operazioni umanitarie sono state sospese poiché sia i gruppi di assistenza che le organizzazioni non-governative devono affrontare pressioni e difficoltà ancora maggiori per ottenere l'accesso al paese. In particolare, i militari potrebbero esercitare un maggiore controllo sul modo in cui le agenzie umanitarie operano e su chi riceve aiuto, violando così il principio umanitario di neutralità e mettendo a rischio la vita di circa 330.000 sfollati, che contano sugli aiuti per sopravvivere.

Dall'agosto 2017 il Myanmar è stato testimone di una delle più grandi crisi umanitarie della storia contemporanea, con oltre 700.000 sfollati, per lo più nello stato del Rakhine. I Rohingya, una minoranza musulmana del Myanmar, sono considerati immigrati clandestini dal Bangladesh e quindi perseguitati dal governo. Nel 2018, sono aumentati gli scontri tra il Tatmadaw, (forze armate del Myanmar) e l'Arakan Army (AA), un gruppo etnico armato che cerca l'autodeterminazione per il popolo dello stato del Rakhine. Gli scontri nel corso degli anni hanno portato a terribili violazioni dei diritti umani, minacciando la vita di oltre 600.000 Rohingya. I gruppi di aiuto umanitario sono sempre stati abituati ad affrontare pesanti restrizioni alle loro attività e spesso hanno dovuto negoziare con funzionari governativi per una via d’accesso al paese. Tuttavia, a seguito del golpe, questa situazione già precaria si è aggravata, in quanto molte organizzazioni potrebbero essere considerate dai militari come “una voce di opposizione”. Secondo Gabrielle Aron, un'analista di stanza in Myanmar, "alcune delle richieste dei militari [d'ora in poi] saranno in tale violazione dei principi [umanitari] che richiederebbero una seria considerazione di misure più drastiche ".

L'impatto dei questi "dilemmi etici" sulle operazioni umanitarie non è ancora chiaro. Tuttavia, le organizzazioni si stanno concentrando sulla protezione dei membri del personale locale e chiedono sanzioni mirate ed embargo sulle armi per fare pressione sui militari affinché riportino il paese al governo civile. Sebbene l'esercito abbia affermato di voler ripristinare la "pace eterna", il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 4 febbraio ha chiesto ufficialmente un sostegno continuo alla transizione democratica e il pronto rilascio dei leader democratici.

 

Per saperne di più:

https://www.thenewhumanitarian.org/news/2021/2/2/myanmar-coup-humanitarian-aid-access-conflict-peace

https://www.crisisgroup.org/asia/south-east-asia/myanmar/b164-elections-ceasefire-myanmars-rakhine-state

https://www.icrc.org/en/where-we-work/asia-pacific/myanmar/myanmar-conflict

https://www.acaps.org/country/myanmar/crisis/rakhine-conflict

https://www.un.org/press/en/2021/sc14430.doc.htm

 

Autore: Sara Mariani; Editor: Maxime Grenier

Letto 264 volte