Raccontavano le guerre. Giornalisti, fotoreporter e documentaristi italiani: vittime civili dei conflitti dal 1943 a oggi

Questa ricerca di Giulio Vasaturo tratta di coloro che sono deceduti mentre svolgevano un lavoro rischioso ma importante: informare il pubblico dei conflitti a cui assistevano.

Se non fosse stato per loro non sarebbe infatti stato possibile catturare le realtà che stavano vivendo in prima persona nelle zone di guerra sparse per il mondo. In particolar modo, la ricerca si concentra sugli italiani che hanno perso la vita in tali circostanze dal 1943 a oggi. Nonostante siano diverse fra loro in termini di tempo e di spazio, hanno un fattore comune: trattano tutte di vittime civili di guerra.  

La caduta di questi giornalisti, fotoreporter, tecnici di ripresa e documentaristi è avvenuta sia in Italia che all’estero. In Italia, molti di loro hanno perso la vita mentre lavoravano per assicurare l’informazione sugli sviluppi della battaglia contro il fascismo durante la lotta di Liberazione nazionale. In altri paesi, alcuni di questi operatori morirono in territori in cui forze armate italiane erano autonomamente impegnate in azioni di peacekeeping, come il Libano o la Somalia; altri nell’ambito di conflitti in cui non c’era il diretto coinvolgimento delle forze armate italiane, come la Georgia o la Thailandia.

A questi scenari se ne aggiungono altri in cui la vittima operava al fianco delle forze armate dedite ad attività di mantenimento della pace. Un esempio emblematico è la strage di Nassiriya, avvenuta il 12 Novembre 2003, una data che gli italiani non dimenticheranno mai. Le storie di coloro che sono caduti in conflitti lontani dall’attenzione dei media tradizionali sono anch’esse presenti in questo lavoro di ricerca, che si conclude infine raccontando la storia di Giulio Regeni, il quale ebbe il coraggio di denunciare l’autoritario e repressivo sistema di potere egiziano perdendo tragicamente la vita nel 2016.

Si nota una lieve riduzione delle vittime rispetto al 2015, ma ciò è dovuto in principal modo al fatto che sempre più spesso i cronisti sono costretti a fuggire da pericolosi paesi come la Siria, l’Iraq, la Libia, lo Yemen, l’Afghanistan, il Bangladesh o il Burundi. Diverse organizzazioni internazionali hanno già rivolto un appello all’ONU per sollecitare la creazione di adeguati meccanismi per la protezione di giornalisti, fotoreporter e tecnici televisivi. E’ questo il modo attraverso il quale si può mantenere viva una speranza di pace nei luoghi più tormentati della terra.

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