Costa d’Avorio, tra speranza e nuove paure

Una tribù Baule della Costa d’Avorio Una tribù Baule della Costa d’Avorio © Google.com

Brice Kouewon, 34 anni, della Costa d’Avorio, ha speso un terzo della sua vita come rifugiato nella vicina Liberia, dopo aver lasciato il suo Paese natale per oltre 10 anni. La sua storia è solo una tra tante per un gran numero di Ivoriani. 

Infatti, per poco più di una decade, lo stato dell’Africa Occidentale, primo produttore di cacao al mondo, ha vissuto una profonda e sanguinosa guerra civile che ha portato allo sfollamento di circa 34000 Ivoriani. Subito dopo la morte dell’a lungo in carica Presidente Houphouёt-Boigny nel 1993, il paese fu devastato da una perdurante serie di proteste civili e boicottaggio elettorale da parte delle opposizioni. Le tensioni etniche e religiose da lungo tempo presenti erano una realtà ulteriormente esemplificata dal tentativo del governo del tempo di riscrivere la costituzione per impedire agli oppositori di correre per la presidenza. Con il crescere delle tensioni, il 23 Dicembre 1999 l’esercito si ammutinó e il Brigadiere Generale Robert Gueї, un ex-membro del governo di Houphouёt-Boigny, prese il controllo del Paese. A dispetto della sua rassicurazione che le elezioni legislative e presidenziali sarebbero state tenute entro l’Ottobre del 2000 e che non si sarebbe presentato come candidato, il Generale cambiò poi idea e corse, invece, per la presidenza. Dopo un’elezione controversa in cui Gueї tentò di manipolare l’esito del voto, Laurent Gbagbo dell’FPI (fronte Popolare Ivoriano) riuscì a vincere le elezioni. Ma il governo di Gbagbo non fu senza discordie, e culminò in un fallito colpo di Stato il 19 Settembre 2002. Gueї, che il governo riteneva essere dietro al colpo, fu ucciso durante i combattimenti. Il fallito colpo di Stato alimentò i disordini e scatenò una guerra civile, lasciando il Paese diviso tra il nord controllato dai ribelli e il sud controllato dai ribelli. I corpi di pace Francesi e della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), e in seguito le Nazioni Unite (UN), crearono una zona cuscinetto tra i ribelli, noti come le Nuove Forze, e le truppe del Governo ivoriano. Tre accordi di pace furono raggiunti negli anni, rispettivamente nel 2003, 2005 e 2007. I primi due non trovarono il successo sperato. Nell’Aprile 2005, dopo il raggiungimento di un nuovo accordo per cessate il fuoco tra il governo Ivoriano e i ribelli, i termini del trattato non furono immediatamente implementati, i combattimenti ripresero, e le elezioni fissate per l’Ottobre 2005 furono annullate, portando a un’ulteriore estensione del mandato di Gbagbo come presidente. Nel 2007, nuovi colloqui di pace in Burkina Faso sarebbero risultati in un nuovo accordo di condivisione dei poteri firmato da entrambe le parti, e un nuovo governo di transizione fu inaugurato. Questa volta, Gbagbo rimase presidente, mentre Guillaume Soro, un leader ribelle, fu nominato alla carica di Primo Ministro. Il nascente governo di transizione aveva davanti a sè numerosi compiti difficili a cui adempiere, inclusi lo smantellamento della zona cuscinetto, il disarmo delle milizie ribelli e filo-governative, la ristrutturazione delle forze di difesa e di sicurezza, e i preparativi per tenere delle nuove elezioni presidenziali e legislative entro dieci mesi. 

Ancora una volta, tuttavia, diversi problemi causarono ancora un altro rinvio nella convocazione delle elezioni, ma finalmente, il 31 Ottobre 2010, i seggi furono aperti. Ancora una volta, la corsa per la presidenza vedeva la candidatura di Gbagbo, dell’ex-Primo Ministro Alassane Ouattara, e dell’ex presidente Henry Konan Bédié. Gbagbo e Ouattara ottennero la maggioranza dei voti, ma, dato che nessun candidato aveva ricevuto una maggioranza, fu previsto il ballottaggio. Tuttavia, il secondo turno di votazioni, tenuto il 28 Novembre 2010, non andò bene come il primo. Prima del rilascio dei risultati, infatti, Gbagbo annunciò il suo intento di contestare il risultato delle elezioni, riportando presunte pratiche fraudolente e istanze di intimidazione dei votanti nella parte settentrionale del Paese, dove Ouattara era popolare. Alla fine, nonostante gli osservatori internazionali non rilevarono che la presunta intimidazione dei votanti fosse così diffusa e ritenevano invece che l’elezione fosse largamente democratica, il Consiglio Costituzionale, su richiesta di Gbagbo, citò l’evidenza di numerose irregolarità, annullò una parte dei risultati, e dichiarò l’ex-presidente il vincitore. In ogni modo, mentre Gbagbo era proclamato presidente per un secondo mandato, anche Ouattara, che aveva alle sue spalle un consistente supporto internazionale, come anche il supporto delle truppe ribelli delle New Forces, che controllavano la parte settentrionale del paese, fu proclamato capo dello Stato, formando così un governo parallelo. La pressione internazionale su Gbagbo perché questi si ritirasse aumentò, e sia l’ECOWAS che l’Unione Africana sospesero la membership del Paese nelle proprie rispettive organizzazioni, in protesta contro il suo rifiuto di cedere il potere a Ouattara. Mentre lo stallo continuava a prolungarsi, il popolo Ivoriano e l’economia soffrivano: decine di migliaia di persone furono sfollate dalla crisi, e numerose denunce di violazioni dei diritti umani vennero fatte. A partire dalla fine di Febbraio 2011, vi fu un’escalation delle violenze. I combattimenti tra le forze di Gbagbo e i ribelli si intensificò, come pure gli attacchi delle forze di Gbagbo ai sostenitori di Ouattara, che erano riuniti in dimostrazioni di massa. La crisi umanitaria in corso fu esacerbata quando la fornitura di acqua e di elettricità fu tagliata nelle zone note per essere roccaforti ribelli o sostenitrici di Ouattara, ovvero la parte settentrionale del Paese e alcune aree in quella centrale e occidentale. Le forze ribelli cominciarono ad avanzare, prendendo il controllo di città situate nella parte sud dello Stato, controllata dal governo. Entro la fine di Marzo, i ribelli controllavano più di due terzi del Paese, inclusa la capitale designata Yamoussoukro. La battaglia for la capitale de-facto Abidjan, dove Gbagbo si era rifugiato, ebbe luogo durante il corso delle successive due settimane. Alla fine, dopo che le forze delle Nazioni Unite e Francesi cominciarono a bombardare obiettivi specifici appartenenti alle forze di Gbagbo, assieme alla sua residenza, il 4 aprile i leader militari del presidente chiesero un cessate il fuoco. Gbagbo venne poi arrestato dai ribelli e Ouattara fu finalmente libero di cominciare a servire le proprie funzioni come Capo dello Stato effettivo. 

Ouattara cercò di mantenere le sue promesse elettorali, e concentrò la propria attenzione sulla ricostruzione della decadente economia del Paese, tentando allo stesso tempo di riunificare la sua popolazione e superare le ancora profondamente presenti divisioni etniche e politiche esistenti. Il Presidente riuscì in tutte queste azioni, in particolar modo nella prima, portando così il Paese a sperimentare una delle maggiori crescite economiche in tutta la regione dell’Africa Occidentale. 

Per queste ragioni, le Nazioni Unite e l’UNHCR, sulla base di un’analisi della situazione in Costa d’Avorio e dell consultazioni con il governo Ivoriano e quelli dei Paesi ospitanti, ha infine determinato che le circostanze che hanno portato gli Ivoriani a fuggire dal proprio Paese non sono più presenti, consigliando così una cessazione dello status di rifugiati per la maggior parte di essi. Tuttavia, coloro che ritengono di essere ancora a rischio se tornassero, nonostante siano una stretta minoranza, possono sempre richiedere un’esenzione dalla procedura di cessazione dello status di rifugiati. 

 

Fonti:  

https://www.unhcr.org/news/stories/2021/10/615ef8624/ivorians-return-home-ahead-refugee-status-coming-end.html

https://www.britannica.com/place/Cote-dIvoire/Cote-dIvoire-since-independence

https://pmnewsnigeria.com/2021/10/18/ex-cote-divoire-president-gbagbo-floats-new-party/

 

Autore: Pasquale Candela; Editor: Valentina Cova

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