Servizi medici pregiudicati in Sud Sudan

Dottori in una sala operatoria Dottori in una sala operatoria © Piron Guillaume su unsplash.com

Questo articolo è una breve presentazione del Rapporto di Safeguarding Health in Conflict Coalition sulle condizioni dei servizi medici nel Sud Sudan nel 2020

Safeguarding Health in Conflict Coalition (SHCC), un gruppo di organizzazioni internazionali non governative volto alla protezione degli operatori sanitari e dei servizi e delle infrastrutture mediche situati in paesi di guerra, fornisce ogni anno informazioni e dettagli circa gli incidenti che colpiscono l’assistenza sanitaria in tali luoghi. Il report del 2020 ha analizzato 17 paesi. Tra questi, il documento ha rivelato come durante il 2020 i casi di violenza ai danni o ostruzione dei servizi sanitari siano aumentati nel Sud Sudan. Infatti, mentre nel 2019 SHCC aveva identificato solo tre incidenti di questa natura, nel 2020 ne ha registrati 18. Questi eventi sconcertanti sono avvenuti nel contesto delle ostilità tra le forze della Difesa Nazionale del Sud Sudan e i ribelli dell’Armata della Liberazione del Sudan, le quali stanno infuriando soprattutto negli stati di Jonglei Pibor. Gli scontri armati hanno determinato enormi sofferenze per la popolazione civile, compresi gli operatori sanitari e le strutture mediche. Per quanto concerne il metodo di ricerca, SHCC ha raccolto informazioni sul campo, attentamente verificate e riunite in un singolo set di dati. 

Secondo quanto rivelato dal rapporto, la maggior parte degli attacchi diretti contro i lavoratori e i servizi medici sono stati perpetrati da gruppi armati non statali non riconosciuti (circa il 77 per cento degli attacchi complessivi). Questi dati si sposano perfettamente con la dichiarazione rilasciata da Len Rubenstein, Direttore di SHCC, il quale ha ammonito circa la mancanza di impegni effettivi dei gruppi armati non governativi volti al rispetto dell'obbligo di astensione dagli attacchi contro i servizi medici. Rubenstein ha infatti ricordato che, ad oggi, solo tre gruppi non statali hanno firmato l’Atto di Impegno per l’assistenza sanitaria di Geneva Call, mentre più di 50 gruppi hanno già firmato l’Atto di Impegno contro l’uso di mine antiuomo e 25 hanno aderito al divieto di reclutamento ed utilizzo di bambini-soldato. 

Esaminando i numeri più significativi, i suddetti 18 incidenti riportati hanno causato la morte di 19 operatori sanitari e il ferimento di altri otto, in aggiunta alla distruzione di infrastrutture e mezzi di trasporto ed al saccheggio di forniture mediche, igieniche e nutrizionali. Luglio si è rivelato il mese più cruento dell’anno, con dieci operatori uccisi e altri quattro feriti in tre incidenti separati. Il mese successivo, alcuni combattenti non identificati hanno teso un’imboscata ad un’ambulanza, saccheggiato il veicolo e sparato all’autista, il quale è riuscito comunque a continuare a guidare e a fuggire. Appare scontato dire che queste forme di violenza pregiudicano la protezione delle persone colpite dal conflitto, aggravando le loro complicate condizioni di vita. Infatti, il rapporto menziona che le organizzazioni non governative vittime di attacchi spesso sospendono le proprie attività di soccorso nel paese, determinando una diminuzione dei servizi accessibili dalla popolazione bisognosa.

Per questi motivi, è fondamentale che tutte le parti belligeranti rispettino le norme del Diritto Internazionale Umanitario che stabiliscono il generale divieto di dirigere attacchi militari contro il personale e le strutture sanitarie. Al fine di raggiungere questo obiettivo, il Rapporto sottolinea come far chiarezza sui responsabili e sul contesto di queste atrocità possono contribuire finalmente a sviluppare e ad implementare strategie preventive volte a far cessare questo fenomeno sconcertante. 

 

Per saperne di più, leggi:

https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/2021-SHCC-South-Sudan.pdf

 

Autore: Gianpaolo Mascaro; Editore: Jasmina Saric

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