Quasi 30.000 sfollati a causa delle violenze interetniche nella RDC

Un bambino al centro di un campo di accoglienza a Ituri, una provincia della Repubblica Democratica del Congo Un bambino al centro di un campo di accoglienza a Ituri, una provincia della Repubblica Democratica del Congo John Wessels / UNHCR

17 Ottobre 2022

A causa delle violenze esplose a luglio tra le comunità Teke e Yaka nella città di Kwamouth, circa 30.000 persone sono state sfollate.

La maggioranza – circa 27.000 persone, di cui soprattutto donne e bambini – ha cercato rifugio nelle province di Mai-Ndombe e Kwilu, mentre altri 2.600 civili hanno attraversato il fiume Congo in canoa per mettersi al sicuro oltre la frontiera. La causa scatenante degli scontri è rintracciabile in contenziosi legati al pagamento delle tasse sull'uso dei terreni agricoli, ma rivela ragioni più profonde e complesse, connesse soprattutto all’appartenenza al territorio: i membri della comunità Teke, infatti, ritengono di essere i veri nativi della zona.

Dall’insorgere delle ostilità, secondo le stime dell’UNHCR, sono state uccise più di 142 persone – tra cui figurano anche il capo della comunità Yaka e sua moglie – e circa 175 case sono state bruciate o distrutte. Migliaia di civili hanno dovuto dunque abbandonare le proprie abitazioni, le proprie attività e, in molti casi, i propri familiari. Il quadro mostrato da Angele Dikongue-Atangana, la rappresentante dell’UNHCR della Repubblica Democratica del Congo, è tragico: non solo la violenza imperversa e genera migliaia e migliaia di sfollati, ma le forti piogge rendono la loro fuga complessa e pericolosa.

Lunedì scorso, il portavoce del governo Patrick Muyaya ha affermato che sono state adottate tutte le misure necessarie affinché possa essere garantita la sicurezza dei civili e la fine delle ostilità. Le amministrazioni provinciali di Mai-Ndombe e Kwilu hanno istituito un comitato per gestire la crisi, mentre le autorità alla frontiera della Repubblica del Congo forniscono assistenza e registrano i nuovi arrivi con il sostegno dell’UNHCR. Dikongue-Atangana ha inoltre dichiarato che la popolazione versa in condizioni di vita precarie: sono stati registrati numerosi casi di malnutrizione e non ci sono luoghi adatti a ospitare un così ampio numero di rifugiati. è necessario che la comunità internazionale contribuisca a porre fine alle violenze e a sostenere le iniziative dell’UNHCR e delle autorità al fine di alleviare le sofferenze della popolazione colpita.

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di Amalia Ranieri

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