L’accesso al test per il COVID-19 è estremamente ristretto nei Paesi a basso reddito, specialmente in quelle zone di conflitto dove le persone subiscono una limitazione più ampia della libertà e dei diritti. Un'ulteriore difficoltà di accesso al sistema sanitario per le donne è dovuta alle discriminazioni e alle disuguaglianze di genere.
Pakistan, Afghanistan, Yemen, Repubblica Centrafricana e Ciad sono paesi che hanno riportato meno del 30% di casi femminili di COVID su tutta la popolazione. Sebbene degli studi abbiano dimostrato che per gli uomini è più probabile finire negli ospedali e morire a causa dell'infezione rispetto alle donne, le percentuali di casi femminili in questi paesi sembrano contraddittorie rispetto ai paesi più ricchi, dove la percentuale è più vicina al 50%.
Nonostante le richieste dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), non tutti i Paesi comunicano il sesso e l'età delle vittime della pandemia. Di conseguenza, non è possibile fornire un'interpretazione affidabile di questi dati. Ciononostante, l’International Rescue Committee (IRC) avverte che alle donne potrebbero essere negati i test e la loro salute potrebbe potenzialmente essere compromessa. Inoltre, le donne potrebbero soffrire maggiormente a causa del coronavirus, a causa dell'aumento degli abusi sessuali in casa, della predisposizione al lavoro non retribuito, dell'accesso limitato alle reti di informazione e della discriminazione di genere. Pertanto, l'IRC ha lanciato un appello di 30 milioni di dollari all'ONU per ridurre la diffusione del virus tra i paesi del mondo più vulnerabili.
Per saperne di più:
https://www.coe.int/en/web/genderequality/reactions-by-other-international-organisations
Autore: Carla Pintor