Amnesty International è un'organizzazione non governativa (ONG) dedicata alla protezione dei diritti umani. L'organizzazione ha condotto indagini sul campo in Nagorno-Karabakh e nelle zone circostanti per denunciare le violazioni dei principi fondamentali del Diritto Internazionale Umanitario da parte delle forze armate dell’Armenia e dell'Azerbaigian che hanno inflitto sofferenze superflue ai civili durante i 44 giorni di conflitto.
Il 27 settembre 2020, il “conflitto congelato” tra Armenia e Azerbaigian per la regione del Nagorno-Karabakh, risalente al 1992, si è riacceso scatenando una nuova ondata di violenza durata fino al 9 novembre, quando le parti hanno accettato un cessate il fuoco mediato dalla Russia. Il conflitto ha causato la morte di 5.000 soldati appartenenti alle forze armate di entrambi i paesi. Molte sono state anche le vittime civili, dovute ad attacchi indiscriminati da parte delle forze armate di entrambe le parti in conflitto, su città lontane dalla linea del fronte. Entrambi gli Stati sono accusati di gravi violazioni del Diritto Internazionale Umanitario per aver effettuato attacchi sproporzionati a obiettivi civili, violando i principi di distinzione e proporzionalità. Gli attacchi contro obiettivi civili sono stati perpetrati utilizzando armi indiscriminate, compresi i razzi Smerch non guidati, granate e munizioni a grappolo, vietate a livello internazionale dalla Convenzione sulle munizioni a grappolo del 2008.
Amnesty International ha denunciato diversi attacchi compiuti dalle forze armate armene e azere che hanno deliberatamente preso di mira strutture civili. Alcune operazioni, invece, sono state dirette verso obiettivi militari vicino ad abitazioni civili, causando la distruzione di queste ultime in seguito all'impiego di armi indiscriminate. Nell'insediamento di Terter, le forze armene hanno distrutto 25 appartamenti e danneggiato gravemente centinaia di edifici amministrativi. Le forze azere hanno anche preso di mira infrastrutture che forniscono servizi pubblici, come la Artsakh Ernergo a Stepanakert, che fornisce elettricità alla maggior parte della città e ad altre aree della regione. L'organizzazione ha descritto questi attacchi come parte di una strategia volta ad intimidire l'altra parte in conflitto. Secondo i dati forniti dalla ONG, le forze armene hanno effettuato otto attacchi sulle città azere di Ganja, Barda, Gashalti e Qarayusufli, uccidendo 72 civili e distruggendo molte abitazioni e strutture civili. Oltre ad essere armi indiscriminate, le munizioni a grappolo sono particolarmente preoccupanti dato l’alto numero di componenti inesplose. All'indomani degli attacchi, l'organizzazione ha infatti riferito che tra il 5 e il 20 per cento delle bombe rilasciate non sono esplose, costituendo una minaccia per la vita dei civili anche dopo la cessazione delle ostilità. Dalla parte azera, le forze armate hanno compiuto nove attacchi alle città di Stepanakert, Martuni e Martakert, nel Nagorno-Karabakh, e uno alla città armena di Davit Bek, causando la morte di 11 civili. Le forze de facto del Nagorno-Karabakh hanno dichiarato che il numero complessivo delle vittime civili armene durante il conflitto ammonterebbe a 52. Tra le vittime civili, la ONG ha riportato che gli attacchi hanno determinato la morte di svariati minori. L'attentato di Ganja ha causato la morte di un bambino di 11 anni e di tre bambine di dieci mesi, 14 e sei anni, mentre una bambina di sette anni è stata uccisa dall'attentato di Barda mentre giocava nel giardino della sua casa.
In conclusione del rapporto, Amnesty International ha formulato una serie di raccomandazioni rivolte ad Armenia e Azerbaigian per la protezione dei civili nella zona del conflitto. L'organizzazione ha fatto appello ad entrambe le parti affinché si impegnino: a rispettare gli obblighi derivanti dal diritto internazionale e a ratificare la Convenzione sulle bombe a grappolo; a cooperare condividendo informazioni sulle zone in cui sono state impiegate armi esplosive, al fine di localizzare gli ordigni inesplosi e prevenire un ulteriore aumento del numero di vittime civili; a creare un fondo comune per il risarcimento a sostegno degli sfollati che hanno perso le loro abitazioni; a fornire un risarcimento ai parenti delle vittime della loro guerra indiscriminata e a creare un meccanismo per il monitoraggio dei diritti umani nella zona, favorendo il coinvolgimento delle organizzazioni internazionali competenti.
Per saperne di più:
https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/EUR5535022021ENGLISH.PDF
Autore:Carla Leonetti; Editor: Francesca Mencuccini