Gravi violazioni contro i minori nelle Filippine

Bambina in uno dei campi base del Moro Islamic Liberation Front a Mindanao, Filippine, 2017 Bambina in uno dei campi base del Moro Islamic Liberation Front a Mindanao, Filippine, 2017 © UNICEF Philippines/2017/Jeoffrey Maitem

Questo articolo è una breve presentazione del rapporto sui minori e il conflitto armato nelle Filippine presentato dal Segretario generale 

Il Segretario generale delle Nazioni Unite (ONU) ha presentato al Consiglio di sicurezza un nuovo rapporto che copre il periodo tra gennaio 2017 e dicembre 2019 sulla condizione dei minori colpiti dal conflitto armato nelle Filippine.

Il rapporto denuncia le gravi violazioni commesse da tutte le parti in conflitti nei confronti dei minori e presenta anche i progressi fatti per prevenire di tali violazioni e l’evoluzione della situazione rispetto al precedente rapporto che comprendeva il periodo tra il 2012 e il 2016. 

Nel documento si legge che nel 2017 si sono registrate 331 gravi violazioni che hanno riguardato 233 minori verificatesi per lo più nel Lanal del Sur Province durante l’assedio di Marawi e attribuibili in maggior misura ai gruppi armati, come il Bangsamoro Islamic Freedom Fighters (BIFF), il New People’s Army (NPA) and i gruppi affiliati allo Stato Islamico. Dopo l’assedio, vi è stato un decremento delle violazioni: 117 nel 2018 e 79 nel 2019. Ciò può essere spiegato con la de-escalation del conflitto e la ratifica della Bangsamoro Basic Organic Law a gennaio 2019 che ha portato alla costituzione di una Regione Autonoma nell’isola a maggioranza musulmana di Mindanao. Il rapporto sottolinea inoltre che un grande numero di violazioni nei confronti dei minori, come l’uccisione, la mutilazione, il reclutamento e l’utilizzo nei combattimenti e gli attacchi alle scuole, si sono verificati sia a causa degli scontri tra le forze governative e i gruppi armati che degli ordigni esplosivi improvvisati (IEDs). Secondo l’ONU, più del 90% di tutte le violazioni registrate tra il 2017 e il 2019 si sono verificate a Mindanao, in particolare nella Bangsamoro Autonomous Region in Muslim Mindanao e nella Soccsksargen Region.

Fonte di particolare preoccupazione per il Segretario generale è l’alto numero di gravi violazioni commesse ai danni dei bambini appartenenti alle comunità indigene nella regione di Davao e di Caraga a seguito degli scontri tra forze governative e NPA. I bambini nelle scuole gestite dalle organizzazioni non governative sono stati minacciati, attaccati e uccisi delle forze di sicurezza governative poiché definiti come “sostenitori del NPA”.

A seguire, il rapporto ha documentato anche 67 episodi di reclutamento e utilizzo nei combattimenti armati dei minori individuando i gruppi armati come i maggiori responsabili di tali crimini. Sebbene l’NPA abbia affermato di non aver reclutato bambini per partecipare alle ostilità secondo quanto stabilito dal Declaration and programme of action for the rights, protection and welfare of children del 2012 -che permette di coinvolgere soltanto come reclute i minori che hanno raggiunto i 15 anni di età-, l’ONU ha denunciato l'utilizzo negli scontri armati di 23 minori (7 bambine e 16 bambini) da parte dell’NPA. Per esempio, una ragazza di 17 anni è stata utilizzata per fornire assistenza medica durante gli scontri nella Davao Oriental Province, mentre, in un altro caso, un ragazzo di 15 anni ha svolto un ruolo di supporto nei combattimenti e nel rifornimento d’acqua per circa tre mesi nel 2018. 

Tra tutte le gravi violazioni, l’uccisione e la mutilazione rimangono quelle più frequenti con 139 minori coinvolti. I ragazzi adolescenti sono quelli maggiormente esposti a tali tipologie di violazioni a causa della loro presenza nelle prime linee. Il rapporto sottolinea inoltre l’incremento del numero di vittime tra i minori rispetto al precedente rapporto e l’aumento graduale delle morti causate dagli IEDs e dai residuati bellici (nel 2017 erano 10 mentre nel 2019 sono salite a 25).  

Tra il 2017 e il 2019 si sono registrati anche 98 attacchi alle scuole e agli ospedali che hanno coinvolto sia le forze di sicurezza governative che i gruppi armati, tuttavia non è stato possibile ricondurre ad una parte piuttosto che ad un’altra la responsabilità di 64 incidenti. Stando alle informazioni raccolte però, ben 28 attacchi a queste strutture sono stati commessi dalle forze governative.

Il Segretario Generale ha inoltre accolto con favore l’adozione dello Special Protection of Children in Situations of Armed Conflict Act avvenuta a gennaio 2019 con cui si è introdotto un meccanismo di monitoraggio, segnalazione e risposta a livello nazionale. La nuova legge punisce l’uccisione, la mutilazione, la tortura, lo stupro, il reclutamento e la detenzione arbitraria dei minori che sono definiti come “zones of peace”. Si è espresso positivamente anche sulle norme gender-sensitive incluse nella legge che garantiscono alle ragazze l’accesso ai servizi che si occupano di salute riproduttiva nelle situazioni di conflitto. 

Nelle conclusioni si raccomanda al governo di rafforzare le norme sul il divieto di tortura e trattamenti crudeli, inumani; a questo proposito si invitano anche le autorità nazionali al rispetto degli standard di trattamento per i minori arrestati e detenuti per ragioni legate al conflitto armato. Al governo si chiede anche di ratificare il Protocollo relativo ai residuati bellici esplosivi alla Convenzione dell’ONU su certe armi convenzionali. Infine, si esortano i gruppi armati ad interrompere immediatamente il reclutamento dei minori secondo il Protocollo opzionale alla Convenzione dell’ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e a riconoscere i Principi di Parigi

 

Per saperne di più:

https://undocs.org/S/2020/777

https://undocs.org/en/A/74/845

 

Autore: Silvia Luminati

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