La crisi della salute mentale tra i lavoratori migranti in Libano

All'esterno del Consolato dell'Etiopia di Hamzieh, Libano alcune lavoratrici migranti etiopi richiedono assistenza per il rimpatrio All'esterno del Consolato dell'Etiopia di Hamzieh, Libano alcune lavoratrici migranti etiopi richiedono assistenza per il rimpatrio © Mohamed Azakir/Reuters

Questo articolo è una breve presentazione del rapporto “Covid-19 And Economic Downfall Unveil Migrant Workers' Mental Health Crisis In Lebanon” di MSF

Il rapporto di Medici Senza Frontiere (MSF) fa riferimento al loro progetto di assistenza alla salute mentale per lavoratori migranti attivo da tempo in Libano. Sulla base di informazioni e dati raccolti nell’ambito del progetto, il fine del rapporto è quello di elaborare una lista di proposte di policy e raccomandazioni finalizzate al miglioramento dello status sociale, sanitario e legale del lavoratore migrante in Libano.

Per prima cosa, viene ampiamente spiegato come l’accesso ai servizi sanitari sia estremamente ristretto e difficoltoso per i lavoratori migranti in Libano, a causa di un sistema lavorativo - conosciuto come il “sistema Kafala” – che li rende obbligatoriamente dipendenti da una persona garante, solitamente il datore di lavoro.
Oltre a questo, i lavoratori migranti risultano essere tipicamente soggetti ad abusi di tipo fisico e sessuale, oltre ad avere orari lavorativi eccessivamente lunghi, bassi stipendi, restrizioni nel movimento e nelle comunicazioni col mondo esterno, basso tenore di vita e mancanza di privacy.

Queste circostanze sono state ben evidenziate dallo scoppio della crisi economica, e sono addirittura peggiorate dall’inizio del lockdown per COVID-19, il quale ha messo finalmente in luce le profonde crepe strutturali di questo sistema oppressivo, votato allo sfruttamento. Le conseguenze di ciò sono sotto gli occhi di tutti: ritardi o mancanza di pagamenti da parte dei datori di lavoro, crescente numero di senzatetto, impossibilità di rimpatrio, e condizioni di vita in abitazioni condivise in continuo peggioramento.

Il rapporto di MSF, quindi, mostra come la combinazione di questi fattori stia avendo un impatto tremendo sulla salute fisica e mentale dei lavoratori migranti, in particolare delle donne più giovani.
Sulla base dei dati raccolti, infatti, si evince che la maggioranza dei migranti ad aver richiesto e ricevuto supporto psicologico o psichiatrico da MSF erano di sesso femminile (94%), la maggior parte di età inferiore ai 30 anni (61%).
È inoltre da sottolineare che la maggior parte delle donne entrate in contatto con i servizi per la salute mentale dichiari di esser stata protagonista di episodi di abuso fisico e/o sessuale, comprendenti situazioni di lavoro forzato, sfruttamento, traffico di umani, molestie e molto altro. Nella maggioranza dei casi, l’abuso fu compiuto dal loro datore di lavoro. In altri casi, da partner o conoscenti.

Nel rapporto, dunque, si puntualizza che questa crisi della salute mentale tra i lavoratori migranti riflette perfettamente le loro deplorevoli condizioni di vita, oltre che lavorative, poiché il “sistema Kafala” non solo pone grossi limiti ai diritti essenziali del migrante, ma lo espone anche ad episodi di sfruttamento ed abuso, specialmente in periodo di lockdown. Medici Senza Frontiere, inoltre, aggiunge che i lavoratori migranti senza documenti in regola o senza persone garanti presentano frequentemente forme di stress, ansia e depressione a causa del loro status non ufficiale, che ostacola l’accesso ad ogni servizio essenziale, specialmente sanitario.
Viene, quindi, sottolineato come sia una vera sfida riuscire a far ammettere pazienti psichiatrici negli ospedali specializzati del Libano, a causa di diversi fattori, tra cui: procedure di assegnazione ed ammissione troppo lente; capacità limitata di letti negli ospedali; mancanza di polizze assicurative sanitarie; cure e trattamenti eccessivamente costosi; assenza di servizi di ambulanza a basso prezzo destinati ai pazienti psichiatrici; riluttanza di alcuni pazienti nel farsi ricoverare, a causa di traumi passati.

Queste limitazioni, che sono pesanti fardelli sulle spalle di una comunità già di per sé in difficoltà, sono state analizzate da Medici Senza Frontiere, che, infine, propone una lista di proposte e raccomandazioni atte a migliorare la situazione sociosanitaria odierna in Libano.

Si propone, infatti, di riformare completamente il sistema lavorativo Libanese, eliminando in via definitiva il “sistema Kafala” per assicurare maggiori misure protettive per i lavoratori migranti.
Gli altri punti chiave, invece, riguardano: maggiore priorità all’accoglienza e alla presa in cura del lavoratore migrante, a prescindere dal suo status legale; inclusione delle cure psichiatriche di emergenza nella polizza assicurativa sanitaria standard dei lavoratori migranti; maggiore disponibilità di spazi professionali per cure specializzate e per l’accoglienza di pazienti psichiatrici in fase di recupero; lo sviluppo di una rete comunitaria per la risposta di emergenza psichiatrica; il diritto di ogni lavoratore migrante affetto da disturbi mentali di avere a disposizione beni essenziali per poter condurre una vita dignitosa fino al completo recupero; maggiore disponibilità di servizi di supporto legale e sanitario per i lavoratori migranti che desiderano rimpatriare.


Per saperne di più: 

https://www.msf.org/covid-19-and-economic-downfall-reveal-mental-health-crisis-lebanon

https://www.nytimes.com/2020/05/10/world/middleeast/lebanon-economic-crisis.html

https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---arabstates/---ro-beirut/documents/publication/wcms_741604.pdf

 

Autore: Nicola Diamanti

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