Donne sfollate in Iraq: ingiusti ostacoli ai diritti di proprietà

In fuga da Mosul, due donne irachene sostano per occuparsi del proprio bagaglio.  In fuga da Mosul, due donne irachene sostano per occuparsi del proprio bagaglio. © Alkis Konstantinidis/Reuters

Questo articolo è una presentazione del rapporto del Norwegian Refugee Council (NRC) sui diritti di proprietà negati alle donne irachene

Nel maggio 2020, NRC ha pubblicato un rapporto intitolato “Broken home”, dedicato alle donne irachene che non possono fare ritorno alle proprie case, poiché viene loro negata la possibilità di provarne o rivendicarne la proprietà.

I risultati del rapporto si basano su 59 interviste approfondite e 64 focus group condotti nel corso del 2018 nei governatorati di Dohuk, Ninewa, Kirkuk e Anbar, con la partecipazione delle donne irachene e di altri attori chiave. È stata anche inclusa un'indagine qualitativa condotta nel 2019 con 1.002 partecipanti e un'approfondita analisi della letteratura esistente in materia di terreni, alloggi e proprietà in Iraq. Secondo NRC, lo scoppio della pandemia di COVID-19 ha ulteriormente aggravato la situazione abitativa nel Paese. L’organizzazione ha quindi sviluppato un "rapid needs assessment", allegato al rapporto.

Quattro fattori principali ci aiutano a spiegare cosa ostacola le donne irachene nel rivendicare i loro diritti di proprietà. L'articolo 41 della Costituzione irachena permette alle donne di possedere e gestire la proprietà. Stabilisce inoltre che tutti gli iracheni sono uguali di fronte alla legge, senza discriminazioni in base al sesso. Tuttavia, NRC ha osservato che, quando si tratta di proprietà, la legge della Sharia e le leggi tribali locali spesso prevalgono sulla Costituzione e sul Codice civile. Come riportato da una donna irachena, "i leader della comunità decidono chi deve avere cosa. I capi delle tribù e i leader comunitari sono più importanti del governo.” Ad esempio, per quanto riguarda la rivendicazione dell'eredità (per una donna, una delle vie principali per accedere ai terreni agricoli), il 19% degli intervistati ha riferito che i diritti ereditari delle donne non sono riconosciuti né applicati dai capi tribù locali.

NRC ha sottolineato che, a livello comunitario, vi è scarsa consapevolezza riguardo i diritti delle donne. Per esempio, solo il 57% degli intervistati sapeva che le donne irachene hanno, per legge, accesso a ogni tipo di bene immobile. Le donne stesse sono ancor meno consapevoli dei loro diritti rispetto agli uomini e la maggioranza ritiene di poter possedere un bene immobile solo con il permesso del marito. Durante i focus group, gli uomini hanno fatto spesso riferimento alla “tradizione” e ai “costumi” per giustificare la negazione dei diritti di proprietà di mogli, figlie e sorelle. In un’intervista condotta al campo di Amariyat al Fallujah, una donna sfollata - vedova del marito e originaria di Anbar - ha affermato: “i figli di mio marito non accettano il mio ritorno a casa. Dicono che non ho diritto alla sua casa o al suo denaro”. Solo dopo l’intervento del leader della loro comunità, i figli hanno accettato di consegnare alla donna una parte dei soldi lasciati dal marito defunto.

Il rapporto ha rilevato che, nella costante fuga dal conflitto, molti degli sfollati sono sprovvisti di documenti civili, atti di proprietà o contratti di locazione, che vengono persi, abbandonati o confiscati. Allo stesso tempo, gli scontri a fuoco hanno portato alla distruzione, deliberata o accidentale, dei registri civili in cui erano conservati questi documenti. Secondo l’indagine di NRC, a Ninewa, il 42% dei nuclei familiari con capofamiglia donna dichiara di non disporre dei documenti di proprietà di case e terreni, ad Anbar lo stesso dato scende al 30%. Dove il capofamiglia è invece un uomo, le percentuali salgono, rispettivamente, al 47 e 52%. Nel complesso, le donne riferiscono che, in base alle proprie esperienze, ottenere questo genere di documenti è molto più difficile per loro che per gli uomini. Questo, per le donne intervistate, si rivela particolarmente preoccupante nella prospettiva di un ritorno al proprio luogo d’origine, poiché spesso non sono in grado di dimostrare il loro diritto a rivendicare la propria casa. Inoltre, la chiusura dei tribunali – effettuata nel quadro delle misure anti COVID-19 - ha aggravato ulteriormente la situazione nelle zone più colpite di Anbar, Ninewa e Kirkuk, ritardando ulteriormente la risoluzione delle dispute in corso.

Rivendicare i propri diritti è particolarmente difficile per le donne che, in virtù di legami matrimoniali o familiari, sono ritenute affiliate all’ISIS. Una di loro ha riferito a NRC che “le donne i cui mariti [legati all’ISIS] sono morti o scomparsi, devono affrontare l’occupazione delle proprie case, oppure, se vogliono reclamarne l’eredità (…) non ricevono la protezione del governo o della comunità locale”. Tuttavia, NRC ha potuto osservare come, paradossalmente, la via per ottenere i documenti sia molto più agevole per le donne i cui mariti sono sotto custodia per violazione delle leggi antiterrorismo.

Il rapporto si conclude con diverse raccomandazioni indirizzate al governo iracheno: includere l’accesso delle donne ai propri beni immobili come questione prioritaria nelle procedure di recupero dei documenti; iniziare la ricostruzione dei registri civili e stabilire efficaci meccanismi di accountability per i funzionari coinvolti in abusi di potere a danno delle donne. NRC raccomanda inoltre alla Confederazione Tribale (Qabalah) dell’Iraq di rafforzare le relazioni con i leader tribali e le autorità locali, al fine di sensibilizzarli al rispetto delle disposizioni legislative nazionali in merito al principio di non-discriminazione e ai diritti delle donne.

 

Per saperne di più:

https://www.nrc.no/resources/reports/broken-home-womens-housing-land-and-property-rights-in-post-conflict-iraq/

https://www.nrc.no/news/2020/may/iraqi-women-denied-their-property-by-relatives-tribes-and-militias/

 

Autore: Catherine Gregoire; Editor: Sara Gorelli; Traduzione: Ester Zangrandi

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