“Non sapevamo se saremmo morti per i proiettili o di fame”

un bambino yemenita seduto tra le macerie di Sana’a. un bambino yemenita seduto tra le macerie di Sana’a. © Mohamed al-Sayaghi/Reuters

Questo articolo è una breve presentazione del nuovo rapporto di CIVIC sui danni civili causati dal conflitto in Yemen tra luglio 2018 e giugno 2019.

A gennaio 2020, il Center for Civilians in Conflict (CIVIC) ha pubblicato un nuovo rapporto: “We did not know if we could die from bullets or hunger”. La missione dell’organizzazione è quella di prevenire e rispondere ai danni subiti dalla popolazione civile e di proteggerla durante i conflitti. Il nuovo rapporto ha esaminato quali danni ha subito la popolazione civile e ha documentato gli abusi commessi da tutte le parti coinvolte nella guerra in Yemen. L’obiettivo della ricerca non è riportare casi specifici di incidenti e infatti le interviste hanno seguito un “approccio qualitativo” per comprendere meglio i danni subiti dai civili e il loro punto di vista sul conflitto.

Il rapporto si basa su 62 interviste rilasciate da testimoni e vittime. Gli intervistati sono 21 donne e 41 uomini. Il lavoro ha coinvolto anche più di 40 leader delle comunità locali e della società civile. CIVIC ha però sottolineato la difficoltà con la quale gli autori del rapporto sono riusciti ad intervistare le persone a causa della loro ritrosia a parlare con le organizzazioni non-governative internazionali. Per motivi di sicurezza e di privacy CIVIC ha dunque preferito non rendere pubblici i loro nomi. 

Lo Yemen sta vivendo una violenta guerra che è iniziata nel 2014 quando gli Houthi hanno preso il controllo della capitale Sana’a con l’aiuto delle forze dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh. Gli scontri poi si sono intensificati e la violenza si è diffusa in tutto il resto del paese. Il coinvolgimento degli Emirati Arabi Uniti per reinsediare il presidente Abdrabuh Mansoor Hadi, riconosciuto dalla comunità internazionale, ha complicato la situazione. Nonostante nel dicembre 2018 sia stato firmato lo Stockholm Agreement tra il governo del presidente Hadi e gli Houthi, i progressi per la sua implementazione sono stati insoddisfacenti. Infatti, secondo CIVIC, nel 2019 tutti gli attori coinvolti negli scontri  hanno utilizzato armi esplosive con effetti ad ampio raggio e, “in violazione alle norme di diritto internazionale umanitario, hanno utilizzato proprietà civili incluse case, ospedali e scuole per scopi militari, esponendo dunque la popolazione civile a gravi rischi”. I residenti del governatorato di Hodeidah, Baydha e Taiz hanno accusato gli Houthi di essere responsabili di sparizioni forzate e maltrattamenti di civili. Nonostante gli sforzi delle Nazioni Unite per negoziare un accordo tra le forze governative e i ribelli, nuovi scontri sono avvenuti nell’agosto 2019. Dopo mesi di tentativi di accordo per il cessate il fuoco, è stato firmato il Riyadh Agreement che prevede il disarmo, la demilitarizzazione e il reinsediamento delle forze governative nella città di Aden.

La guerra in Yemen ha causato una delle più gravi crisi umanitarie del mondo. Secondo il rapporto, dopo cinque anni di conflitto quasi 24 milioni di persone necessitano di assistenza e di protezione e si è stimato che  3.3 milioni di persone risulteranno sfollate a partire da novembre 2019. Un rapporto dell’ONU ha previsto che, se il conflitto dovesse persistere, 1.5 milione di persone morirà entro il 2030. I continui attacchi ai circuiti alimentari, alle infrastrutture e il blocco degli aiuti umanitari hanno lasciato milioni di persone in uno stato di grande necessità. Perciò si stima che le cosiddette morti indirette (causate dalla mancanza di accesso ai sistemi sanitari e al cibo) cresceranno di più di quelle direttamente causate dal conflitto. Inoltre, nel rapporto si legge che gli Houthi hanno seminato 500,000 mine nelle aree che controllavano e utilizzato ordigni esplosivi improvvisati (IEDs) che hanno provocato la morte di civili e l’inaccessibilità agli aiuti umanitari in alcuni territori.

Il rapporto si pone come obiettivo quello di riassumere i danni civili causati da bombardamenti, raid aerei, aggressioni da parte di cecchini che hanno provocato morti, mutilazioni, trasferimenti forzati e distruzioni di proprietà. Secondo CIVIC le parti coinvolte nel conflitto hanno fallito nell’adottare misure precauzionali al fine di minimizzare i danni civili. Molti civili sono stati testimoni di attacchi aerei. The Yemeni Data Project, un sito web che si occupa di raccogliere i dati delle uccisioni di civili causate da raid aerei, ha affermato che a marzo 2019 44 civili, tra i quali 19 bambini, sono stati uccisi. Per questo il mese di marzo viene descritto come quello che ha registrato più morti nel 2019. Gli intervistati hanno inoltre riportato di essere rimasti intrappolati nelle loro abitazioni per giorni a causa degli scontri tra i ribelli e le forze governative: “Nessun civile poteva lasciare la sua casa. Eravamo bombardati [dalle forze dell’ordine] da Al-Qahira Castle, da dove si poteva vedere l’intera città. I proiettili non smettevano, giorno e notte. Tenevamo i nostri bambini sotto le scale per proteggerli. Mangiavamo pane secco […]”. I ribelli poi erano soliti distruggere le case e le proprietà dei loro nemici con ordigni esplosivi con l’obiettivo di soggiogarli. Ma anche le forze governative hanno messo a rischio la popolazione civile utilizzando infrastrutture pubbliche (ospedali, scuole) per scopi militari. Un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha riportato che nel 2015 i cecchini Houthi hanno ucciso e ferito centinaia di persone e hanno aperto delle indagini anche per alcuni casi verificatisi nel 2019. Gli intervistati hanno riferito che i cecchini sparavano ai civili allo scopo di intimidirli, anche quando si trovavano nelle loro case. Nel conflitto sono state utilizzate anche le mine: CIVIC ha stimato che gli Houthi le hanno seminate non appena si ritiravano dalle aree che controllavano. Le mine dunque erano utilizzate come tattica per ostacolare l’accesso alle organizzazioni umanitarie e per impedire ai civili di tornare nelle loro case. È stato documentato che le mine sono state la terza causa di morte tra i civili nel 2018. Fortunatamente, grazie alla collaborazione del governo yemenita, 310,000 mine sono state rimosse.

Gli autori del rapporto hanno intervistato anche attivisti e giornalisti locali che sono stati detenuti sia dalle forze Houthi che da quelle governative perché sospettati di essere membri della fazione opposta. Questi hanno riportato di aver subito trattamenti disumani e torture, come l’esposizione al calore estremo e pestaggi.

Per completare la ricerca, si è analizzato l’impatto della guerra su donne e minori i quali risultano i più colpiti da questa. Gli spostamenti, una diretta conseguenza della situazione di terrore e instabilità del paese, “hanno esposto le donne e le bambini ad una situazione di vulnerabilità dovuta alla mancanza di vita privata che minaccia la loro sicurezza”. Per esempio, International Rescue Committee ha stimato che più di 4.7 milioni di bambini non hanno accesso alle scuole da quando la guerra è iniziata. Dozzine di scuole sono state distrutte dai bombardamenti o occupate dai gruppi armati. Di conseguenza, molte famiglie hanno preferito non far andare i loro bambini a scuola e migliaia di loro hanno abbandonato gli studi. Alcuni intervistati hanno riferito che, anche per chi voleva, era impossibile andare a scuola a Taiz a causa del rinnovarsi degli scontri.

La violenza che ha attraversato il paese ha avuto un forte impatto sulle donne che sono diventate vittime di abusi e stupri da parte delle forze Houthi e di quelle governative. Le donne intervistate hanno raccontato la paura e il panico con cui vivono. Le Nazioni Unite hanno stimato che da quando è iniziata la guerra gli abusi sulle donne sono aumentati del 63% nel biennio 2018-19. Il rapporto documenta quanto sia difficile per loro nutrire i figli o chiedere aiuto. Molte donne hanno perso i mariti e il prolungarsi del conflitto ha reso più difficile per loro procurare il cibo o occuparsi delle fattorie. Questa difficile situazione ha esposto le donne e i loro figli ad abusi e sfruttamenti. Non è un caso che i traumi psicologici, dovuti al perpetuarsi della sofferenza e del conflitto, siano molto comuni tra donne e minori. Una donna a Taiz ha riferito: “Noi donne e bambini soffriamo di più. I minori sono diventati orfani e sono spaventati, affamati, malati e profughi. Ho visto la paura colpire nel profondo l’anima dei miei figli. È difficile chiedere ad un bambino di resistere, di essere forte. Come posso spiegare ai miei figli che non possono giocare all’aria aperta perché non è sicuro? Farlo potrebbe costare loro la vita. Come posso dire che le scuole sono chiuse perché diventate dei depositi militari?”.

Le conclusioni del rapporto mostrano che le parti coinvolte nel conflitto hanno fallito nel prendere misure adeguate a proteggere la popolazione civile e limitare i danni civili; non hanno neanche investigato sulle azioni illegali commesse dai loro membri. Ciò ha portato i civili a chiedere aiuto e protezione alle realtà tribali. Le tribù hanno negoziato l’evacuazione di civili dai territori occupati e facilitato lo scambio di prigionieri. Perciò i sistemi tribali sono diventati una soluzione in alcune aree dello Yemen. Tuttavia, nelle aree urbane, dove questi meccanismi non esistono, le persone rimangono esposte alle ostilità e alle continue violazioni del diritto internazionale umanitario. Gli autori del rapporto perciò hanno concluso che il lavoro delle realtà tribali ha dimostrato quanto sia necessario coinvolgerle nei negoziati di pace. I finanziatori dovrebbero perciò riconoscerlo e incoraggiare i gruppi della società civile e i sistemi tribali a supportare i programmi per minimizzare i danni civili.

Infine, lo studio rivolge delle raccomandazioni agli attori coinvolti nel conflitto e a quelli internazionali. La prima esorta ad applicare il diritto internazionale umanitario, a rispettare lo Stockholm Agreement del 2018 e il Riyadh Agreement del 2019. CIVIC chiede inoltre che cessino gli attacchi contro i civili e, soprattutto, l’uso delle armi esplosive nelle aree popolate. Poi, si raccomanda il rispetto della neutralità delle tribù che sono fondamentali per ridurre i danni alla popolazione civile. Si invita il governo yemenita ad aprire delle indagini per le azioni illegali commesse dalle forze dell’ordine e a garantire condizioni umane per i detenuti permettendo loro l’accesso al cibo, all’acqua e alle comunicazioni con familiari. Si esorta poi a dare la precedenza all’assistenza post-conflitto rivolgendo una particolare attenzione ai bisogni delle donne e delle bambine. Al gruppo degli Houthi si raccomanda di non utilizzare né mine né ordigni esplosivi improvvisati (IEDs); di interrompere la pratica della tortura e trattamento disumano nei confronti dei detenuti; di permettere l’accesso agli aiuti umanitari nelle aree poste sotto il loro controllo; e di bloccare l’escalation del conflitto.

 

Per saperne di più:

https://civiliansinconflict.org/wp-content/uploads/2020/01/YEMEN_BulletsorHunger_FINAL_PROOF.pdf

 

Autore: Silvia Luminati; Editor: Aleksandra Krol

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