Superando le previsioni delle Nazioni Unite: vivere nell’invivibile Gaza

Bambini che giocano tra i resti di Gaza Bambini che giocano tra i resti di Gaza © Khalid Atif Hasan/ UNRWA

Nell’articolo del 2 Gennaio 2020, H. Balousha and M. Berger illustrano la situazione attuale in quella che l’ONU ha definito come l’inabitabile Gaza

Otto anni fa, il team delle Nazioni Unite presso il Territorio Palestinese occupato ha discusso gli sviluppi critici e le sfide umanitarie che i Palestinesi proprio nel Territorio Palestinese occupato si ritrovano ad affrontare. Tale confronto ha condotto alla pubblicazione di un rapporto intitolato “Gaza nel 2020: un luogo vivibile?” nell’Agosto 2012, il quale prevedeva che Gaza nel 2020 non avrebbe avuto fonti sicure di acqua potabile, che gli standard sanitari e di istruzione sarebbero diminuiti e che la possibilità di un’elettricità affidabile ed accessibile sarebbe diventata un distante ricordo tanto da rendere Gaza inabitabile alla soglia del 2020. 

In seguito all’incalzante passo di questa crisi, tali previsioni sono state revisionate attraverso la pubblicazione del rapporto “Gaza dieci anni dopo” da parte del Team locale delle Nazioni Unite nel Territorio Palestinese occupato nel Luglio 2017, il quale rivelava come le condizioni di vita di due milioni di persone nell’enclave palestinese si stessero deteriorando ulteriormente e più velocemente rispetto alle previsioni stipulate nel 2012. Di conseguenza, Gaza ha continuato lungo la sua traiettoria di de-sviluppo ancora più velocemente di quanto anticipato 

Questa revisione non è stata accolta con stupore dalla popolazione di Gaza, che attraversato un turbolento in seguito alla presa di controllo da parte del gruppo estremista Hamas, la quale ha inaugurato un governo repressivo e conservatore e innescato un embargo via terra e mare da parte di Egitto ed Israele. La situazione a Gaza è stata aggravata ulteriormente da tre sanguinolente guerre combattute tra Hamas e Israele e numerose insorgenze nonché dal controllo esercitato dalla polizia Israeliana sul movimento di prodotti e persone proveniente da e verso Gaza. Pertanto, i cittadini – “schiacciati da tutte le parti” – sono arrivati a considerare la vita a Gaza invivibile già prima del punto di svolta del 2020.

Le gravi condizioni in cui i due milioni di abitanti sono costretti a vivere sono le seguenti: elettricità ed infrastrutture non sono sufficienti per il funzionamento del sistema fognario – già danneggiato dai precedenti conflitti – che di conseguenza fa confluire gli scarichi in mare. Ciò ha finito non solo per inquinare le acque marine, ma soprattutto la falda acquifera, rendendone – secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) - il 97 percento ere non idoneo al consumo umano. Inoltre, a causa del mancato accesso a fonti di acqua pulita e del malfunzionante sistema fognario, un quarto delle malattie che infligge Gaza sono trasmesse via acqua. In aggiunta a questo abbassamento delle condizioni sanitarie, il declino degli standard di istruzione e l’incalzante disoccupazione hanno causato un’estrema fuga di cervelli che ha visto una stima tra le 35,000 e le 40,000 persone lasciare Gaza dalla metà del 2018.

Il rapporto delle Nazioni Unite è certamente servito a mandare un segnale di allarme, tuttavia le sue previsioni si sono realizzate già da tempo, tanto che la domanda più pressante non riguarda più se Gaza  - i cui abitanti sopravvivono solo grazie alla solidarietà palestinese, i flussi di cassa provenienti da Palestinesi all’estero, dalla guida autocratica di Hamas e dagli aiuti di attori internazionali- sia vivibile o meno, ma piuttosto che cosa gli stakeholder possano fare per prevenire il collasso totale.

Sebbene questo ritratto di Gaza risulti già preoccupante, il recente taglio agli aiuti diretti all’UNRWA e ad altri programmi di soccorso palestinesi eseguito dall’amministrazione di Trump nel 2018 appare intimidatorio – specialmente se consideriamo che 1.4 milioni di abitanti sono rifugiati e un milione di questi dipende dall’UNRWA per l’assistenza alimentare. Inoltre, il piano economico per il medio Oriente che prevede lo stanziamento di 50 miliardi di investimenti regionali presentato dal consigliere di Trump - Jared Kushner - nel Giugno 2019, non ha apportato nessun miglioramento concreto per i Palestinesi.

Pertanto, mentre in nuovo piano di pace per il Medio Oriente è stato presentato da Trump il 29 Gennaio 2020 e già liquidato dal presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas - in quanto vedrebbe i Palestinesi ancora di più accerchiati - la domanda sorge se i 50 miliardi previsti per il nuovo stato Palestinese migliorerebbero finalmente le condizioni di vita a Gaza. Indipendentemente dalla risposta, un punto rimane: la vita a Gaza è invivibile da anni e gli attori chiave devono agire per aiutare le persone che risiedono nel territorio.



Per saperne più, leggi:

https://www.washingtonpost.com/world/2020/01/01/un-predicted-gaza-would-be-uninhabitable-by-heres-what-that-actually-means/

https://www.nytimes.com/2020/01/28/world/middleeast/peace-plan.html

https://www.unrwa.org/userfiles/file/publications/gaza/Gaza%20in%202020.pdf

https://news.un.org/en/story/2017/07/561302-living-conditions-gaza-more-and-more-wretched-over-past-decade-un-finds

https://unsco.unmissions.org/sites/default/files/gaza_10_years_later_-_11_july_2017.pdf 

 

Autore: Camilla Lavino; Editor: Aleksandra Krol

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