Escalation di violenze tra Israele e Palestina

Panoramica del campo profughi di Jenin, Cisgiordania settentrionale occupata Panoramica del campo profughi di Jenin, Cisgiordania settentrionale occupata © DZarzycka via iStock

Tra attacchi mortali, espulsioni e politiche di segregazione, Israele sta commettendo veri e propri crimini di guerra e contro l’umanità

Durante la notte di lunedì 3 luglio, l’esercito israeliano ha sferrato un attacco al campo profughi di Jenin, nella Cisgiordania occupata settentrionale. Jenin è un punto focale del conflitto nella Cisgiordania occupata, diventato da tempo il simbolo della lotta dei palestinesi contro il governo di Israele e sede effettiva della resistenza. I residenti del campo di Jenin, ad oggi circa 24.000 persone, sono discendenti di palestinesi espropriati della loro terra e delle loro case quando lo stato di Israele fu creato nel 1948. L’operazione militare israeliana contro il campo profughi è stata la più grande dalla rivolta palestinese di massa del 2000-2005. Ci sono stati bombardamenti dall’alto e invasioni da terra, con l’utilizzo di droni ed elicotteri da combattimento, missili e armi pesanti. Il capo dei diritti umani delle Naizoni Unite ha subito condannato l’uso di questo tipo di armi da parte di Israele, non in linea con gli standard internazionali sui diritti umani e con la protezione e rispetto del diritto alla vita. 

Oltre ad aver assediato il campo e attaccandolo sia con mezzi aerei che dalla terra, l’esercito israeliano ha preso di mira persone e infrastrutture, tagliando l’elettricità, le telecomunicazioni e l’acqua. Le forze israeliane hanno sparato all’interno delle abitazioni, distruggendo le proprietà e ferendo i residenti. Sono stati presi di mira civili indifesi, ambulanze, centri sanitari e persino le moschee. Il raid è stato giustificato da Israele come una reazione ai “terroristi” che abitano il campo. Un gruppo di Jenin ha risposto al raid delle forze israeliane con uno scontro a fuoco, resistendo all’attacco su larga scala che è continuato anche la mattina successiva. Almeno 12 persone sono state uccise, tra cui 4 bambini, e altre 140 sono rimaste ferite. Le abitazioni danneggiate, la maggior parte delle quali sono ora inabitabili, ammontano a 900. Nonostante i media internazionali abbiano mostrato le tragiche conseguenze umane dell'assalto israeliano al campo profughi di Jenin, i funzionari israeliani persistono in una retorica che etichetta il campo come un "centro terroristico" e tutte le azioni intraprese contro i suoi abitanti di ogni età quindi giustificate.

Una delegazione delle Nazioni Unite composta da diversi alti rappresentanti della comunità internazionale ha visitato il campo e assistito alla distruzione e ai danni scioccanti dell’incursione israeliana. L’UNRWA ha affermato che il proprio centro sanitario è stato danneggiato così gravemente da non poter più essere utilizzato e quattro delle sue scuole hanno subito danni minori. “Ma più che il danno fisico”, ha dichiarato Leni Stenseth, vice commissario generale dell'UNRWA, “ho visto il trauma negli occhi dei residenti del campo che avevano assistito alla violenza”. L'agenzia delle Nazioni Unite ha esortato donatori e partner a rendere immediatamente disponibili i fondi per la sua risposta umanitaria nel campo.

Fonti di ulteriori proteste e aumento della preoccupazione della comunità internazionale sono le ricorrenti espulsioni di palestinesi dalle proprie abitazioni. La mattina dell’11 luglio, sempre nella Cisgiordania occupata, un ordine del tribunale israeliano ha costretto la famiglia palestinese Ghaith-Sub Laban ad abbandonare la propria abitazione, in cui viveva da 70 anni, per lasciare il posto ai coloni israeliani. Dopo aver affrontato 45 anni di costose battaglie legali contro le organizzazioni di coloni sostenute dal governo israeliano per sfollarli, decine di poliziotti e paramilitari hanno fatto irruzione in casa e costretto la famiglia ad uscire prima che i coloni vi si trasferissero. Attivisti israeliani hanno protestato fino a tarda matinata davanti l’abitazione occupata, mentre la società civile palestinese e i gruppi per i diritti avevano già rilasciato una dichiarazione nella quale criticavano gli sforzi dei coloni israeliani di sfollare la famiglia, affermando che si tratta di trasferimento forzato. Nella dichiarazione si legge che "lo sradicamento dei palestinesi, sia attraverso sfratti, demolizioni di case o altre politiche e pratiche discriminatorie utilizzate da Israele per trasferire con la forza i palestinesi da Gerusalemme Est e dall'Area C della Cisgiordania, è una flagrante violazione degli obblighi di Israele ai sensi del diritto internazionale". 

Secondo lo Statuto di Roma, per “deportazione o trasferimento forzato” si intende “la rimozione delle persone, per mezzo di espulsione o con altri mezzi coercitivi, dalla regione nella quale le stesse si trovano legittimamente, in assenza di ragione previste dal diritto internazionale che lo consentano”, ed è annoverato sia tra i crimini di guerra che tra i crimini contro l’umanità. Inoltre, nella dichiarazione viene anche usata l’espressione “apartheid coloniale” per indicare la situazione a cui la popolazione palestinese è sottoposta a causa dell’occupazione illegale di Israele e, come anche dichiarato da Amnesty International in un rapporto del 1° febbraio 2022, “gli omicidi illegali contribuiscono al mantenimento del sistema israeliano di apartheid e costituiscono crimini contro l'umanità al pari di altre gravi violazioni dei diritti umani commesse dalle autorità israeliane, come la detenzione amministrativa e i trasferimenti forzati”, tutte azioni esplicitamente contrarie alla giurisprudenza dello Statuto di Roma.

Già nel 2021 la Commissione d'inchiesta internazionale indipendente delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati, compresa Gerusalemme Est e in Israele, aveva dichiarato illegale ai sensi del diritto internazionale l’occupazione israeliana dei territori palestinesi, evidenziando crimini ai sensi del diritto penale internazionale, compreso il crimine di guerra. Le 65 associazioni palestinesi e internazionali firmatarie del rapporto conclusivo della Commissione hanno aggiunto che “al popolo palestinese [è stato] negato il diritto all’autodeterminazione, e ha sopportato oltre 7 decenni di colonialismo e Apartheid da parte di Israele e 55 anni d’occupazione bellicosa. I residenti di Gaza [sopravvivono] in circostanze quasi invivibili da 15 anni e i rifugiati palestinesi [non sono] in grado di esercitare il loro diritto al ritorno. Per troppo tempo, la questione della Palestina è stata trattata come un’eccezione all’attuazione del diritto internazionale”. 

La recente spirale di violenze ha sottolineato l’urgente bisogno di un’assunzione di responsabilità. Alla luce dell’evidenza giuridica presentata non ci sono dubbi che Israele abbia violato e stia violando obblighi ai sensi del diritto internazionale. L’attuale situazione viene giudicata come un fallimento da parte della comunità internazionale nel prendere misure efficaci e significative per porre fine all’occupazione, alle espulsioni e al regime di segregazione. 

 

Per saperne di più:

https://www.aljazeera.com/news/liveblog/2023/7/3/jenin-attack-live-israel-kills-eight-palestinians-tensions-high

https://news.un.org/en/story/2023/07/1138487 

https://www.amnesty.it/israele-rafforza-il-sistema-di-apartheid-vite-dei-palestinesi-in-pericolo/

 

di Chiara Cacciatore 

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