Burkina Faso: testimonianze degli abusi sui civili

Carta geografica del Burkina Faso Carta geografica del Burkina Faso © Naruedom via iStock

Dalla fine del 2022, i gruppi armati islamisti del Burkina Faso hanno ucciso decine di civili, saccheggiato e bruciato proprietà e costretto alla fuga migliaia di persone in attacchi in tutto il Paese

Dal 2022, i gruppi islamisti in Burkina Faso commettono crimini e atrocità, tra cui uccisioni, saccheggi e incendi dolosi, costringendo migliaia di persone a fuggire dagli attacchi che affliggono tutto il paese. Due sono le strategie privilegiate dai gruppi armati islamisti: l’assedio e lo sfollamento. Tramite l’assedio e il blocco delle città privano i loro residenti di cibo, servizi di base e assistenza umanitaria, provocando malattie e una fame tale che certe famiglie hanno raccontato di aver nutrito i propri figli con foglie bollite per giorni. Lo sfollamento, ovvero l’abbandono forzato di villaggi e città, è invece usato come strategia per affermare il proprio potere e la propria autorità. Inoltre, non sono rare le punizioni collettive degli abitanti dei villaggi accusati di aver collaborato con le autorità governative e le forze di sicurezza. 

Il governo militare di transizione del Burkina Faso, formato nell’ottobre 2022, ha fatto molto affidamento sulle milizie locali per contrastare gli attacchi, le quali sono state anche rafforzate attraverso il reclutamento di 50.000 ausiliari civili, chiamati “Volontari per la Difesa della Patria”. Per tutta risposta, i gruppi armati islamisti hanno attaccato le città e i villaggi incolpati di sostenere le milizie. Carine Kaneza Nantulya, vicedirettore per l’Africa di Human Rights Watch, ha dichiarato che “i gruppi armati islamisti stanno provocando il caos in Burkina Faso” e che “le autorità di transizione dovrebbero collaborare con gli enti regionali e i governi interessati per fornire una migliore protezione e una maggiore assistenza alle persone a rischio”. Per svariati mesi, i gruppi islamisti hanno ripetutamente attaccato la città di Dassa e le aree circostanti nella provincia di Sanguié, dove ha avuto luogo il reclutamento delle milizie, allontanando i residenti dall'area.

L’intensificazione degli scontri con i gruppi islamisti, il numero crescente di vittime e la perdita del territorio controllato dal governo (Al-Qaeda controlla ad oggi il 40% del territorio del Burkina Faso), hanno provocato tensioni e sbilanciamenti anche a livello di politica interna del paese, il quale, dal 2022, è stato infatti scosso da due colpi di stato militari. Oltretutto, gli sforzi del governo di combattere l’insurrezione islamista che si sta diffondendo dal vicino Mali, hanno provocato l’aumento di vittime e di sfollati, il cui numero ha superato i 2 milioni. 

Tra gennaio e maggio, Human Rights Watch ha intervistato circa 30 persone, tra cui familiari delle vittime, testimoni, membri della società civile e rappresentanti di organizzazioni internazionali, a proposito degli abusi presumibilmente commessi da uomini armati islamisti. “Presumibilmente” perché ancora ad oggi risulta che nessun gruppo armato abbia rivendicato la responsabilità degli attacchi, ma i testimoni ritengono che gli aggressori fossero membri di gruppi armati islamisti alla luce dei loro metodi di attacco, scelte degli obiettivi, vestiti e turbanti. 

I combattimenti tra il governo del Burkina Faso e i gruppi armati islamisti si qualificano come conflitto armato non internazionale ai sensi delle leggi di guerra. La legge applicabile comprende l’articolo 3 comune alle Convenzioni di Ginevra del 1949 e le leggi di guerra consuetudinarie, che si applicano ai gruppi armati non statali e alle forze armate nazionali. Leggi di guerra che, in ogni caso, proibiscono attacchi ai civili ed esecuzioni sommarie, punizioni collettive, saccheggi e incendi dolosi. 

In una dichiarazione del 30 aprile, la Commissione africana per i diritti umani e dei popoli ha condannato “gli attacchi terroristici contro le forze di difesa e di sicurezza e contro la popolazione civile” e ha sottolineato che “uno Stato può anche essere ritenuto responsabile di uccisioni da parte di attori non statali se approva, sostiene o acconsente a tali atti o se non esercita la dovuta diligenza per prevenire tali omicidi o per garantire che vi sia un'indagine adeguata”.

Di seguito alcuni resoconti degli abusi commessi dai gruppi armati islamisti da novembre 2022 a febbraio 2023, ottenuti tramite le interviste di Human Rights Watch con i residenti locali nei villaggi e nelle città colpite.

  •   Città di Dassa, privincia di Sanguié

Due residenti di Dassa, una città dove ha avuto luogo il reclutamento delle milizie, hanno affermato che i gruppi armati islamisti hanno condotto ripetuti e crescenti attacchi contro la città e i suoi dintorni a partire da dicembre, culminati negli omicidi che hanno costretto i residenti a fuggire dalla zona. 

A gennaio, uomini armati hanno attaccato Doh, un villaggio a circa quattro chilometri da Dassa, uccidendo dodici uomini e ferendone due, ritrovati il giorno successivo. Le altre 11 vittime erano tutti uomini, per lo più contadini e negozianti, identificati dai due uomini sopravvissuti. 

A febbraio, uomini armati che indossavano abiti color sabbia e turbanti hanno attaccato nuovamente Dassa, uccidendo due uomini. Un altro residente, che ha assistito alle uccisioni, ha raccontato che gli uomini armati hanno sparato e ucciso suo padre di 50 anni e suo fratello di 27. Lo stesso testimone ha dichiarato che, data la paura, sono fuggiti tutti, ma chi non è riuscito a scappare è stato ucciso. Ha inoltre aggiunto che lui e la sua famiglia erano già stati sfollati a causa degli attacchi dei gruppi armati islamici da Dassa alla città di Reo, ma che la fame li aveva costretti a tornare nella zona di Dassa in cerca di cibo il giorno dell'attacco.

  • Città di Tougouri 

Gruppi armati islamisti avrebbero ucciso civili nel novembre 2022 a Tougouri, una città in un'area dove il gruppo armato JNIM effettua attacchi regolari e dove le milizie filogovernative hanno operato in gran numero a seguito di una campagna di reclutamento nei mesi di novembre e dicembre.

Un uomo di 37 anni che ha assistito a un attacco a novembre, ha detto che gli aggressori, vestiti con abiti grigi e turbanti, sono entrati in moto in gran numero e hanno saccheggiato la città. 

Una donna sfollata di 25 anni ha detto che circa 100 uomini armati, che indossavano turbanti e tute militari, hanno ucciso cinque uomini civili quando hanno attaccato il mercato di Tougouri all'inizio di novembre, e che sono rimasti in città per circa due ore, saccheggiandola.

Human Rights Watch non è stato in grado di accertare se i due testimoni abbiano descritto lo stesso incidente.

  •  Città di Pissila 

Gruppi armati islamisti hanno effettuato almeno tre attacchi nei villaggi dentro e intorno alla città di Pissila da dicembre a febbraio, uccidendo civili in un apparente tentativo di espellere la sua popolazione. Pissila fa parte di un'area in cui JNIM opera e conduce attacchi e raid.

Un residente ha raccontato di aver visto, nel dicembre 2022, circa 40 uomini armati con turbante arrivare in motocicletta e iniziare a sparare contro un ripetitore di telefoni cellulari fuori città appiccando un incendio. 

Un imprenditore locale ha riferito che uomini armati hanno attaccato di nuovo Pissila a metà dicembre, bruciando negozi e rubando scorte di cibo. Ha aggiunto che dopo l'attacco, lui e la sua famiglia sono scappati dalla città durante la notte.

A gennaio, circa 40 uomini armati in motocicletta e con indosso tute e turbanti militari sono entrati nel villaggio di Dofinega, a circa 16 chilometri da Pissila, e hanno ucciso 17 uomini. Una donna che ha perso tre dei suoi fratelli nell'attacco ha dichiarato di aver visto sei uomini armati che avevano radunato i suoi fratelli e alcuni bambini in un campo a circa 50 metri di distanza. Hanno risparmiato i bambini, ma hanno selezionato gli adulti da giustiziare. L'attacco ha provocato un esodo di massa dal villaggio, da cui sono fuggite almeno 1.500 persone.

A febbraio, circa 100 uomini armati hanno radunato un gruppo di circa 60 residenti del villaggio di Noaka, a circa 12 chilometri da Pissila, e hanno emesso un ultimatum affinché lasciassero la zona entro i successivi 3 giorni, ha raccontato una delle donne parte del gruppo, altrimenti avrebbero ucciso chiunque avessero trovato durante la successiva visita. 

  •  Villaggio di Zincko 

Gruppi armati islamisti presumibilmente legati al JNIM hanno condotto almeno tre incursioni nel villaggio di Zincko a dicembre e all'inizio di gennaio, saccheggiando, sparando in aria e chiedendo che gli abitanti del villaggio raccontassero dove avrebbero potuto trovare le forze di sicurezza del governo. Alla fine, hanno emesso due ultimatum affinché i residenti lasciassero il villaggio e hanno attaccato una vicina pattuglia della milizia. A seguito di uno scontro a fuoco, quasi tutti gli abitanti del villaggio sono fuggiti.

Uomini che indossavano turbanti e tute militari e portavano bandiere nere con scritte non specificate hanno saccheggiato motociclette, telefoni e cibo durante un attacco al mercato di Zincko, una mattina all'inizio di dicembre, ha riportato una donna che era al mercato quel giorno. Ha aggiunto che il 1° gennaio uomini armati sono tornati per interrogarla sulla presenza delle forze di sicurezza e della milizia e che tre giorni dopo sono ritornati in sella a motociclette e hanno fatto il giro della città per dare ai residenti un ultimatum di 48 ore.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          

  • Dipartimento di Arbinda

L’agenzia di informazione Burkinabè ha riportato che, nel mese di gennaio, uomini armati hanno rapito oltre 60 persone in cerca di cibo nel dipartimento di Arbinda. I prigionieri sono stati ritrovati una settimana dopo. Cinque sopravvissuti hanno raccontato che i carcerieri li hanno condotti a Foubé, a circa 130 chilometri di distanza, dove sono stati tenuti per tutta la loro prigionia, trascorsa nella paura di ciò che i loro aggressori avrebbero fatto loro e di cosa sarebbe successo alle loro famiglie a casa.

  • ·       Città di Djibo

A febbraio è stata assediata la città di Djibo. Il gruppo armato islamista, che controlla le strade di accesso alla città, ha piazzato esplosivi che hanno distrutto ponti e infrastrutture di comunicazione, impedendo i rifornimenti dei mercati e isolando la città dal resto del paese. I cittadini non possono muoversi liberamente e non hanno accesso a beni e servizi di base, tra cui cibo, acqua, elettricità e assistenza sanitaria, anche a causa dell’aumento dei prezzi. 

Una donna con cinque figli, quattro dei quali con disabilità fisiche e psicologiche, ha affermato che hanno sofferto la fame a Djibo dall'inizio dell'assedio, nonostante gli aiuti alimentari ricevuti dal World Food Programme, i quali non sono stati sufficienti. Non avendo la libertà di lasciare la città o nemmeno di coltivare i propri campi, si sentono a tutti gli effetti prigionieri. 

Un'operatrice umanitaria che è stata a Djibo da marzo a maggio ha detto di aver trovato “una città morta”, dove “tutto è paralizzato, il mercato è vuoto, tutti i prodotti sono costosi e non c'è rete telefonica”.

L'organizzazione umanitaria internazionale Medici Senza Frontiere ha affermato che all’inizio di maggio le quasi 270.000 persone sfollate, la metà dei quali sono bambini, vivono nei campi o presso famiglie ospitanti, dipendendo quasi esclusivamente dall’accesso all’assistenza umanitaria per sopravvivere. La gravità della situazione è tale che, per mesi, l'unico cibo che i residenti e gli sfollati di Djibo consumavano erano foglie selvatiche. 

 

Per saperne di più:

https://www.hrw.org/news/2023/06/15/burkina-faso-upsurge-atrocities-islamist-armed-groups

 

di Chiara Cacciatore

Letto 148 volte