Analizzare i dati per prevenire i conflitti

Peacekeeper della Missione delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA) mentre analizza delle linee guida Peacekeeper della Missione delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA) mentre analizza delle linee guida © UN Photo/MINUSMA/Harandane Dicko

Questo articolo è una breve presentazione del rapporto di ZIF sull’importanza di un sistema di preallarme basato su dati quantitativi

Nel settembre 2020 il Center for International Peace Operations (ZIF) ha pubblicato il report “Prevedere e prevenire: superare le sfide legate all’implementazione di sistemi di preallarme”. I sistemi di preallarme, anche noti come “Peacekeeping preventivo”, sono formati da un insieme di pratiche e strumenti di analisi in grado di stimare dove e quando emergeranno nuovi conflitti armati, col fine ultimo di garantire la Protezione dei Civili (PoC). Per quanto un progresso sostanziale nell’ambito del preallarme sia stato già attuato dalle Nazioni Unite (ONU), si tratta di sistemi ancora fortemente legati ad un’analisi qualitativa e, considerando un tempo medio di reazione alle violenze pari a 2.8 giorni, sarebbe possibile un ampio margine di miglioramento grazie all’analisi quantitativa dei dati. L’importanza strategica di questo tipo nuovo di analisi in una missione, nella prevenzione di minacce e nella formulazione di nuove strategie, è indubbia. Tuttavia, di fronte alle nuove possibilità offerte dai recenti sviluppi tecnologici, vi sono anche diverse sfide e specificità di cui si deve tener conto.  

Il principale esempio di sistema di analisi quantitativa preventiva è rappresentato dallo Strumento Geospaziale di Consapevolezza Situazionale (SAGE), attualmente disponibile per tutti gli operativi, militari e non, con un accesso ad Internet dalle Missioni ONU in Sud Sudan (UNMISS) e nella Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO). Questo sistema, oltre ad eliminare la ridondanza delle informazioni raccolte, permette agli operativi sul campo di registrare incidenti, proteste, attentati, azioni militari ed altre attività rilevanti. In aggiunta, la raccolta di dati in formato digitale permette una loro più veloce aggregazione ed elaborazione, portando alla creazione di strumenti di preallarme più efficaci.

Per quanto il SAGE sia da considerare come un esempio virtuoso, l’utilizzo di queste tecnologie presenta diverse sfide. La prima difficoltà consiste nella stessa raccolta dati. Da un lato, andrebbe incentivata una condivisione più orizzontale dei dati che includa l’intera missione. Dall’altro, la natura di molti conflitti fa sì che essi si svolgano in scenari remoti, rendendo difficile la raccolta di dati e portando ad una maggiore diffusione di questi sistemi nei pressi delle basi operative, vanificandone parzialmente l’efficacia. La seconda sfida riguarda il trattamento, la conservazione e la protezione di questi dati da attacchi informatici e come queste modalità si devono adeguare alle peculiarità di ciascuna missione. Infine, il report sottolinea come questi dati non possono e non devono essere considerati un sostituto alla comprensione contestuale sul campo, il che li rende importanti ma complementari ad una strategia preventiva di più ampio respiro. Questo fattore va preso con particolare serietà considerando l’alto rischio di bias nell’analisi di questi dati. Per esempio, una raccolta dati attraverso i servizi di telefonia comporta una certa dimestichezza tecnologica e un certo reddito (bias della connettività).

Il report si conclude sottolineando come, con l’immensa mole di dati raccolti dalle Nazioni Unite, l’implementazione di tecniche e strumenti in grado di aggregarli e comprenderne le ricorrenze abbia un potenziale non indifferente nel riconoscimento degli scenari a rischio. L’introduzione di questi sistemi potrebbe, quindi, trasformare quella che è attualmente una mera reazione alle violenze in azione preventiva. Questo processo è già in atto, ma molto spesso quello che spinge ad un maggior impiego di queste tecnologie è la possibilità di risparmiare sul campo, in risposta alla diminuzione dei fondi a disposizione. Il report lancia, quindi, un monito sull’uso non professionale e poco cauto di questi dati e sui rischi distorsivi o addirittura malevoli che ne possono derivare.

 

Per saperne di più:

https://reliefweb.int/report/world/predict-and-prevent-overcoming-early-warning-implementation-challenges-un-peace

 

Autore: Matteo Consiglio; Editor: Margherita Curti

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