Scomparsi senza traccia: detenzione e rapimento dei civili in Siria

Banner del report Banner del report © Hala Al-Abed

Questo articolo è una breve presentazione del policy paper sulla detenzione illegale e il rapimento dei civili in Siria, pubblicato da ICTJ in maggio

Il policy paper è firmato da Hanny Megally, senior fellow al New York University Center on International Cooperation e commissario della Commissione d’inchiesta sulla Repubblica Araba di Siria, e Elena Naughton, program expert dell’ International Center for Transitional Justice (ICTJ). 

‘Per la maggior parte dei casi, essere imprigionati in Siria significa scomparire.’ Quando una persona viene detenuta dal governo o rapita da una delle parti al conflitto, i risultati sono simili. Il regime siriano ha fatto uso delle sparizioni forzate come strumento per sedare ogni opposizione per decadi, ed il loro uso è significativamente cresciuto dall’inizio del conflitto. Inoltre, molti gruppi armati che si oppongono al regime hanno adottato tattiche simili.

Il documento stima che sin dall’inizio delle rivolte del 2011, circa 100,000 persone sono state detenute arbitrariamente o illegalmente dalle forze governative e da milizie affiliate Inoltre, Amnesty International ha stimato nel 2016 che più di 17,000 persone erano state uccise mentre in custodia dello stato. La larga maggioranza di arresti arbitrari, detenzioni e sparizioni forzate è stata eseguita dall’Esercito Arabo Siriano e le quattro principali sezioni dei servizi di informazione e sicurezza del paese: Il Direttorato di Sicurezza Politica, il Direttorato Generale di Intelligence, il Direttorato di Intelligence Militare, e il Direttorato di Intelligence dell’Aeronautica. Le quattro agenzie rispondono formalmente ad un ministro, ma sembrano rispondere direttamente al presidente del paese, che designa direttamente i loro direttori.

Anche i gruppi armati non statali parti del conflitto che sta devastando il paese hanno rapito e detenuto ‘civili, membri di gruppi armati rivali, e membri dell’esercito siriano e di gruppi a esso affiliati.’ Il numero di detenuti da loro controllati non è conosciuto, ed il governo siriano afferma che potrebbe avvicinarsi ad un numero vicino ai 16,000. Questi gruppi hanno un modus operandi fluido, che determina le difficoltà nel tenere traccia di ‘chi è tenuto ostaggio e da quale gruppo, ed il destino dei loro prigionieri o detenuti.’

Prima del conflitto, un lungo stato di emergenza era usato dal governo per ‘arrestare, trattenere e detenere incommunicado [modalità  illegale di detenzione in cui è negato accesso alla famiglia, ad un avvocato o ad un medico indipendente alla persona detenuta] le persone, senza che vengano formalmente accusate o processate’. La situazione è deteriorata costantemente a partire dal 2011, e l’arbitrarietà dei poteri dello stato è cresciuta in maniera repentina. Molte disposizioni del codice penale civile e di quello militare sono state usate dal governo per giustificare arresti e detenzioni, e la legge Anti-Terrorismo promulgata nel 2012 ha ‘spostato la maggior parte dei procedimenti legali alla Corte Anti-Terrorismo (CAT)’, che si occupa della maggior parte delle detenzioni collegate al conflitto.

I civili e le persone sospettate di essere insurgenti, di tutte le età e di ogni cammino di vita, sono state arrestate e detenute di servizi siriani di informazione e sicurezza. Il documento afferma che la tortura e la violenza di genere sono diffuse nei centri di detenzione, e che le condizioni di detenzione sono in violazione diretta degli standard minimi internazionali riguardo il trattamento dei prigionieri. Molti prigionieri sono morti a causa delle condizioni disumane di detenzione, o giustiziati sommariamente. Si dice che nella prigione di Sednaya ‘grandi numeri di corpi vengono inceneriti ogni settimana.’

Anche i gruppi armati non statali, e le organizzazioni criminali opportunistiche hanno detenuto o rapito un numero significativo di civili. Ad esempio, lo Stato Islamico gestiva almeno 54 centri di detenzione quando era all’apice del suo potere.

Anche se la costituzione siriana ed il codice nazionale di procedura criminale garantiscono formalmente un procedimento ed un processo equo e imparziale alle persone che vengono detenute, diverse leggi o decreti anti-terrorismo o emergenziali hanno reso de facto queste garanzie irrilevanti. Di conseguenza, le garanzie fondamentali stabilite dal diritto internazionale nel contesto della detenzione ‘sono routinariamente violate, e il diritto di habeas corpus è costantemente negato alle persone in stato di custodia.’ Infatti, la CAT e le corti militari sono esenti dal seguire le procedure delle corti ordinarie ad ogni tappa del processo (indagini preliminari, face processuale, fase post-processuale).

Il governo siriano nega costantemente l’accesso ai suoi registri che contengono informazioni sull luogo di detenzione dei prigionieri, e rifiuta di comunicare il motivo per cui sono detenuti. Molti arresti sono effettuati senza un mandato di arresto, e le persone prese di mira sono portate via ‘con poche o nessuna spiegazione’ dalle forze di sicurezza.

Quando una persona viene arrestata, è trasferita alla sede dell’agenzia responsabile per l’arresto, che conduce una investigazione. Al termine dell'investigazione i risultati vengono trasmessi al direttorato dell’agenzia. Dopo aver esaminato i risultati dell’investigazione, il direttorato formula i capi di accusa e le relative condanne e le include nel report investigativo, che viene firmato dal detenuto, spesso senza che lo stesso possa avere la possibilità di leggerlo. Il report investigativo viene  poi inoltrato alla corte o al procuratore generale competenti per il suo recepimento. 

Il percorso appena descritto può durare mesi, se non anni. Quelli che riescono a sopravvivere alle massacranti condizioni della detenzione preliminare sono poi trasferiti a Damasco per essere processati. Il numero di detenuti che vengono processati in tribunale è sconosciuto, e il documento afferma che ‘si può ipotizzare che i detenuti sono mantenuti in stato di fermo senza alcun reale procedimento nella larga maggioranza dei casi collegati al conflitto.’

Le corti che si occupano di questi casi non osservano nessuna garanzia procedurale, e gli accusati di solito sono processati (il processo spesso dura una manciata di minuti) senza avere accesso ad un avvocato, o avere la possibilità di preparare e presentare la loro difesa. Il giudice spesso conferma le condanne richieste dai direttorati delle agenzie di sicurezza, anche se è chiaro che l’accusato è stato torturato durante le indagini preliminari.

Il documento descrive come le famiglie dei detenuti vivono in un ‘limbo’ in cui cercano di ricevere conferma o riscontro formale riguardo la detenzione e lo stato di salute dei loro parenti, e sul luogo in cui sono detenuti. Il governo raramente provvede le famiglie con una risposta. Quindi, la larga maggioranza dei detenuti sono trattenuti incommunicado. Quando le famiglie scoprono che il loro caro è morto durante lo stato di fermo, spesso non è chiaro quale sia stata la causa della loro morte.

Inoltre, viene raramente permesso alle famiglie di visitare i loro parenti detenuti, e questo non sarebbe mai possibile quando il detenuto è in fase pre-processuale in una struttura detentiva della polizia militare o in una struttura penitenziaria militare. La pratica informale di ottenere informazioni tramite le proprie connessioni con la polizia o le forze di sicurezza, già diffusa prima del conflitto, è stata sfruttata da ufficiali che estorcono bustarelle dalle famiglie che vogliono comunicare con i loro parenti. Il documento sottolinea che il generale clima di segretezza che accompagna le detenzioni è propizio ad abusi non solo contro i detenuti, ma anche contro le loro famiglie, che ‘possono essere sottoposte a vessazioni, minacce, atti di violenza (inclusa violenza sessuale) e minacce di incarcerazione.’ Per quanto riguarda le famiglie delle persone detenute dai gruppi armati non statali, il numero di opzioni disponibili è ancor minore. Questo a causa del carattere fluido dei gruppi, e delle loro scarse competenze burocratiche.

Il policy paper di ICTJ provvede delle raccomandazioni che ‘sono presentate nello spirito di risolvere l’impasse che riguarda la questione dei detenuti, dei rapiti e delle scomparse forzate’, e che ruotano attorno ‘quattro aree primarie di azione che devono essere considerate urgenti per i siriani: (1) riconoscimento ufficiale delle detenzioni e divulgazione di informazioni sull’ubicazione e sul destino delle persone vittime di scomparse forzate e rapimenti; (2) il rilascio dei detenuti; (3) garanzie di accesso alle strutture di detenzione a gruppi di monitoraggio; e (4) gestione delle conseguenze delle sparizioni forzate sulle famiglie delle vittime.’   

Per quanto riguarda la prima area di azione, ICTJ richiama tutte le parti al conflitto a prendere misure immediate per ‘soddisfare le richieste di riconoscimento formale delle detenzioni e di informazioni sull’ubicazione dei detenuti che provengono dalle famiglie.’ La responsabilità primaria a riguardo è del governo siriano, che dovrebbe pubblicare una lista contenente nomi e ubicazioni dei detenuti, e facilitare i tentativi di raccolta di informazioni sulle persone detenute dai gruppi armati. Questo percorso potrebbe essere avviato e facilitato dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR).

Nel contesto del rilascio dei detenuti, ICTJ richiama il governo siriano e tutte le parti nel conflitto a ‘muoversi tempestivamente per rilasciare immediatamente e unilateralmente le persone detenute che sono vulnerabili, come gli ammalati, gli anziani, i bambini, le donne e i disabili.’ Inoltre, ICTJ afferma che il rilascio incondizionato su base urgente di tutti i prigionieri ‘che sono detenuti o stanno scontando una condanna per reati non violenti che sono collegati all’esercizio di garanzie fondamentali stabilite dalla Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici’ è un’altra misura necessaria in questo contesto. Consapevole del diffuso clima di diffidenza per quanto riguarda ‘proposte e promesse effettuate dallo stato’, ICTJ suggerisce che il processo di rilascio immediato dei più vulnerabili sia monitorato e amministrato dal CICR, e che allo stesso tempo possa essere stabilito un meccanismo imparziale che riesamini lo status dei prigionieri, che potrebbe  ‘aiutare a distinguere tra gli accusati o condannati per reati minori o politici, e per crimini considerati molto gravi o non soggetti ad amnistia secondo il diritto internazionale.’

Nel contesto dell’accesso alle strutture, ICTJ raccomanda al governo siriano e a tutte le parti al conflitto di provvedere le famiglie dei detenuti con un meccanismo ‘che possa permettergli, come minimo, di essere in contatto e scambiare informazioni personali e di famiglia con i loro parenti in detenzione.’ Rispondendo alle richieste delle famiglie, e ai requisiti del diritto internazionale, il documento richiede che sia rapidamente garantito ‘al CICR l’accesso incondizionato a tutte le strutture detentive, incluse le prigioni ufficiali, centri di detenzione preventiva, centri di detenzione dei servizi di informazione, aree di detenzione amministrativa, ospedali, strutture psichiatriche, e luoghi formali o informali dove le persone sono internate o detenute.’  

Infine, è evidente che le sparizioni forzate, i rapimenti e le detenzioni non possono essere separate dagli impatti ‘emotivi, psicologici, sociali, legali ed economici, straordinari e di lunga durata’ sofferti dai detenuti e dalle loro famiglie. A riguardo, ICTJ raccomanda al governo siriano ‘di cooperare con i tentativi, nuovi e perduranti, di determinare i bisogni materiali a non-materiali a lungo termine dei prigionieri politici rilasciati, e delle loro famiglie.’ ICTJ sottolinea che le esigenze ed i diritti degli ex-detenuti e delle loro famiglie sono ‘di estrema e immediata importanza’, e per questo motivo il governo siriano deve immediatamente realizzare progetti di assistenza che possano provvedere supporto alle vittime. In luce della ‘realtà attuale’ del paese, questi progetti potrebbero essere supportati da ‘organizzazioni non-governamentali, le Nazioni Unite ed altre agenzie multilaterali, governi stranieri, donatori e altri stakeholder’.

 

Per saperne di più:

https://www.ictj.org/publication/gone-without-trace-syria%E2%80%99s-detained-abducted-and-forcibly-disappeared 

 

Autore: Philippe H. M. Leroy Beaulieu

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