La tavola rotonda è stata organizzata dai governi di Danimarca e Germania, dall'Unione Europea e dalle Nazioni Unite. Tenutasi online e terminata il 20 ottobre, la conferenza mirava a raccogliere 2,4 miliardi di dollari per rispondere alla crisi umanitaria che attraversa Burkina Faso, Mali e Niger. Al termine dell’incontro, 20 donatori si sono impegnati a stanziare 1,7 miliardi di dollari.
Pur accogliendo con favore i rinnovati sforzi della comunità internazionale, Save the Children ha denunciato l'inadeguata rappresentazione delle esigenze dei bambini, a cui la conferenza non ha saputo dar voce. Come ha sottolineato Eric Hazard, Pan Africa Policy Director di Save the Children: "nel Sahel centrale una persona su due ha meno di 15 anni. Creare lo spazio per far condividere ai bambini le loro esperienze di vita in questo ambiente fragile e insicuro è fondamentale per permetterci di comprendere - e affrontare efficacemente - le loro esigenze".
Secondo Save the Children, già prima dello scoppio della pandemia da COVID-19, otto milioni di bambini non andavano a scuola a causa del conflitto che dilaga nella regione. Come sottolineato nella dichiarazione dell'organizzazione non-governativa: "Più a lungo rimarranno senza scuola, più il rischio di reclutamento forzato [...] non farà che aumentare". Nei tre paesi, la popolazione ha un'età media di 17 anni. La risposta umanitaria deve quindi dare priorità alle esigenze specifiche delle generazioni più giovani: quella del Sahel centrale, conclude Hazard, “è una crisi dei bambini".
Per saperne di più:
Autore: Ester Zangrandi