L’importanza di un accurato resoconto delle vittime nelle operazioni di pace

Peacekeepers della MONUSCO nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo Peacekeepers della MONUSCO nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo © Michael Ali/UN Photo

Questo articolo è una breve presentazione del rapporto di Small Arms Survey sull’importante ruolo del resoconto delle vittime nelle missioni di pace

Nel mese di giugno, Hana Salama del centro di ricerca indipendente “Small Arms Survey” - nel quadro dei progetti Security Assessment in North Africa e Human Security Baseline Assessment for Sudan and South Sudan - ha presentato il nuovo rapporto “Un mandato mancante? Il resoconto delle vittime nelle operazioni di pace dell’ONU” sulle pratiche di rendicontazione delle vittime attualmente utilizzate nelle missioni pace delle Nazioni Unite (ONU). La ricerca si è basata principalmente sulla raccolta di dati pubblici e il confronto con ufficiali ed esperti della società civile nelle missioni in Mali (MINUSMA), Sud Sudan (UNMISS) e nella Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO). 

Il report evidenzia come le missioni di pace siano in una posizione unica che gli permette di essere l’attore più efficace e comprensivo nella raccolta di dati accurati in territori caratterizzati da conflitti asimmetrici e autorità locali incapaci o riluttanti a effettuare tali rilevamenti. L'obiettivo dello studio è comprendere se tali pratiche soddisfino l'obiettivo di sviluppo sostenibile (SDG) 16.1 “ridurre in modo significativo tutte le forme di violenza e il tasso di mortalitàattraverso l’indicatore 16.1.2 “Morti dovute a conflitti per ogni 100.000 abitanti, per sesso, età e causa e in cosa possano essere migliorate per ottenere una raccolta dati più capillare, precisa e accurata.

Il report fa emergere come il resoconto delle vittime sia cruciale nell’attuazione delle missioni stesse e mostra alcune delle più interessanti applicazioni di tali dati negli attuali o potenziali scenari di missione. La raccolta dati permette ai contingenti una maggiore comprensione del tipo di violenza – e quindi di conflitto – con cui si stanno interfacciando, riducendo i propri danni collaterali ed aumentando le proprie abilità di prevenzione del conflitto, con una migliore capacità di riconoscimento di nuovi trend emergenti. Proprio attraverso la categorizzazione delle vittime, i funzionari all’interno di MINUSMA sono stati in grado di comprendere al meglio i trend dello scenario maliano caratterizzato da intricati rapporti fluidi, attori eterogenei e scontri dalla difficile classificazione. Nel caso congolese, invece, il MONUSCO ha dato supporto tecnico e logistico alle indagini delle corti nazionali per permettere di responsabilizzare maggiormente le parti - soprattutto nei casi riguardanti i minori in situazioni di conflitto e le violenze di genere. 

In aggiunta, nei contesti in cui l’ONU viene vista come un attore imparziale che raccoglie dati ritenuti credibili, le missioni possono permettere una migliore mediazione tra le parti mostrando l’effettivo rispetto o violazione degli accordi. In particolare, nella missione ONU in Afghanistan (UNAMA) l’accurato resoconto include anche il tipo di arma utilizzata. Disaggregando questi dati a posteriori è possibile capire se vi è stato un effettivo disarmo, se vi è un traffico illecito di armi, se sono state usate armi proibite o se un embargo è stato di fatto mantenuto, facilitando quindi il dialogo tra le parti o quantomeno migliorando il processo decisionale all’interno della missione. Inoltre, tale pratica permette un conseguimento più efficace del SDG 16.4 “ridurre in maniera significativa il finanziamento illecito e il traffico di armi […] e combattere tutte le forme di crimine organizzato”.

In conclusione, l’autore raccomanda di esplicitare nel mandato delle missioni la necessità di effettuare un resoconto chiaro e preciso delle vittime che generi dati facilmente elaborabili. Perché, se è vero che tali mandati includono la protezione dei civili e del personale, la mancanza di competenze specifiche e prioritizzazione ne rendono più difficile l’applicazione nelle singole sezioni e missioni. È necessaria, quindi, una più sistematica cooperazione tra i diversi settori attraverso una struttura più integrata e un aggiornamento costante del personale sul campo. Esternamente, è auspicabile una raccolta dati che includa una maggiore cooperazione con la società civile e le agenzie intergovernative presenti sul territorio. Internamente, invece, è necessaria l’introduzione di una metodologia di raccolta dati flessibile ma standardizzata, sia nelle singole missioni che nel coordinamento centrale, con piattaforme condivise per lo scambio informazioni e pratiche. 

Tali riforme, inoltre, sarebbero di estrema efficacia ma poco onerose, considerando che l’oggetto è principalmente legato alle pratiche di coordinamento e classificazione e l’attuale presenza di sezioni che si occupano già di identificazione di morti ed armi - come nel caso dell’intelligence dei peacekeepers in uniforme. Complessivamente, viene quindi mostrata la necessità di un approccio più olistico e standardizzato che sia, come affermato da un funzionario del UNMISS, nel “DNA delle missioni di peacekeeping”.

 

Per saperne di più:

http://www.smallarmssurvey.org/fileadmin/docs/T-Briefing-Papers/SANA-HSBA-BP-UN-casualties.pdf

https://unric.org/it/obiettivo-16-pace-giustizia-e-istituzioni-forti/

 

Autore: Matteo Consiglio; Editor: Margherita Curti

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