Il report recentemente pubblicato dall’OHCHR evidenzia come più di metà della popolazione sudanese (7.5 milioni di persone), dopo cinque anni di guerra civile in seguito all’indipendenza nel 2011 e una fallimentare fase transizionale, sia caratterizzata da altissimi livelli di insicurezza alimentare e malnutrizione. La situazione risulta ulteriormente drammatica se si considera che il governo, oltre a non aver manifestato alcun interesse nel mantenere l’accordo di pace, da anni usa la carestia come misura ritorsiva nelle diverse regioni in cui risiedono le comunità non-allineate ad esso.
La Commissione dell’OHCHR per i Diritti Umani in Sud Sudan ha evidenziato non solo come il governo abbia limitato l’accesso ai viveri come forma di punizione collettiva, ma abbia anche ordinato ai suoi comandanti di istruire i propri sottoposti a saccheggiare la popolazione locale privandola di beni essenziali. Solo nella regione centro orientale del Jonglei, gli attacchi ai terreni agricoli e il furto di bestiame hanno messo più di 1.4 milioni di persone, di cui 350.000 bambini, in una situazione di forte insicurezza alimentare. Queste pratiche, unite alla distruzione di proprietà, violenze, stupri e uccisioni, rendono il governo potenzialmente colpevole di crimini contro l’umanità.
Per quanto il World Food Program sia estremamente attivo in Sud Sudan, l’arrivo della pandemia unito alle recenti alluvioni ha fatto ulteriormente aumentare il tasso di mortalità generato da questa carestia. Con un paese sempre più diviso dalle ostilità, le possibilità di una genuina implementazione dell’accordo di pace e della fine dell’attuale crisi umanitaria risultano, quindi, esigue.
Per saperne di più:
https://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=26350&LangID=E
https://news.un.org/en/story/2020/10/1074742
Autore: Matteo Consiglio; Editor: Margherita Curti