COVID-19 E PROTEZIONE DEI CIVILI NEGLI STATI COLPITI DA CONFLITTI

Anziani aspettano il loro turno per la vaccinazione, rispettando il distanziamento sociale e indossando le mascherine (Kenya). Anziani aspettano il loro turno per la vaccinazione, rispettando il distanziamento sociale e indossando le mascherine (Kenya). © Denis Ngai su Pexels

In questa relazione, CIVIC ha evidenziato sommariamente le principali sfide alla protezione dei civili negli Stati colpiti da conflitti, durante la pandemia.

La pandemia globale da coronavirus è stata dichiarata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) un'emergenza di salute pubblica di interesse internazionale il 30 gennaio 2020. Precedentemente, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha tentato di stabilire un cessate il fuoco globale per consentire ai paesi di concentrarsi sulla lotta contro la pandemia, ma la sua efficacia è stata marginale. Poiché molte missioni militari e civili internazionali sono state costrette a ridurre le loro funzioni ed il loro impegno con i partner locali, il danno civile si è perpetuato e gli ospedali e le strutture mediche hanno continuato ad essere attaccati da attori armati.

In questa situazione di stallo, le soluzioni guidate dalla comunità e la protezione basata sulla comunità si sono dimostrate un'ancora di salvezza essenziale, insieme alle forti relazioni tra civili, militari, polizia e gruppi armati che hanno ridotto i rischi di danni civili.

 CIVIC ha esaminato, attraverso 27 interviste ai membri in servizio delle forze di sicurezza e ai rappresentanti della società civile, l'impatto diretto ed indiretto della pandemia sulla protezione dei civili. Il rapporto si concentra sull'analisi di casi studio (Afghanistan, Iraq, Nigeria, Ucraina, Tunisia...), lezioni apprese ed esempi di programmazione innovativa e di buone pratiche che hanno contribuito ad affrontare le sfide della protezione dei civili durante la pandemia.

Le forze di sicurezza sono state identificate come soccorritori di prima linea per future emergenze sanitarie in Stati fragili e colpiti da conflitti. È fondamentale che i Ministeri della Difesa e dell'Interno siano in grado di riorganizzarli in modo da prevenire e mitigare i danni civili ed implementare misure di sicurezza relative alla sanità pubblica. 

Le forze di sicurezza, prima della pandemia, non avevano ricevuto una formazione specifica per le emergenze sanitarie. Le unità spesso mancavano del necessario equipaggiamento di protezione individuale che avrebbe potuto permettere loro di curare meglio la popolazione senza ulteriori tensioni e/o paura dell'infezione. 

In particolare, l'uso della legislazione di emergenza per mobilitare le forze di sicurezza locali durante la risposta pandemica ha creato nuovi rischi per i civili, come l'uso eccessivo della forza per far rispettare il coprifuoco o disperdere proteste. In alcuni stati, queste procedure di enforcement si sono rivelate più letali per i civili dello stesso COVID-19. In Nigeria, la Commissione Nazionale per i Diritti Umani ha registrato 33 episodi di "tortura, trattamenti inumani e degradanti"; 27 incidenti che violano il diritto alla libertà di movimento delle persone; 13 episodi di estorsione; 4 episodi di violenza sessuale e di genere; e 1 incidente di discriminazione nella distribuzione di cibo. In Uganda, la polizia ha picchiato e arrestato 23 persone durante un raid in un rifugio per giovani senzatetto lesbiche, gay, bisessuali e transgender. I ‘sexual workers’ delle città sul confine tra Uganda e Kenya sono stati ulteriormente stigmatizzati ed hanno affrontato un aumento della violenza da parte della comunità e della polizia.

D'altra parte, in Afghanistan, non sono stati segnalati abusi sistematici da parte delle forze dell’ordine; in Tunisia, i giovani e la polizia hanno collaborato per ridurre le tensioni e l’affollamento dei centri di assistenza; in Iraq, c'è stato un impegno condiviso e diretto verso le problematiche civili.

La pandemia da COVID-19 non ha avuto un impatto universale. La sua influenza sui civili è basata sul contesto e varia tra paesi e popolazioni, ma, in generale, l'impatto è stato più forte su donne, bambini, sfollati interni, rifugiati, rimpatriati e minoranze. 

L'Organizzazione mondiale della sanità ha stimato che, nel 2020, in Afghanistan, fino a tre milioni di persone sono state private dei servizi sanitari essenziali a causa della chiusura degli ospedali a causa delle fazioni in conflitto, questo a sua volta ha alimentato alti livelli di tensione e diffidenza tra governo afghano e talebani, ostacolando l'assistenza umanitaria. 

Condizioni e controlli "dipendono in gran parte da chi è in carica" in ciascun paese, ha detto Human Rights Watch.

I gruppi estremisti, le milizie e le bande criminali hanno capitalizzato la pandemia e le conseguenti restrizioni e mezzi di sussistenza per aumentare il loro reclutamento. In Nigeria, gli annunci di chiusura delle moschee sono stati strumentalizzati da gruppi radicali come prova del sentimento antimusulmano; in Tunisia e in Iraq, le politiche di blocco hanno potenzialmente sollevato sospetti da parte delle comunità che le forze di sicurezza le stessero usando per controllare le popolazioni di cui diffidavano.

Contrastare l'estremismo, ridurre la violenza della comunità e reagire ai fattori scatenanti emergenti della radicalizzazione è stata una sfida, ma le comunità sono state in grado di identificare l'impatto potenzialmente alienante delle misure anti-COVID-19 e hanno lavorato per ricostruire la fiducia.

A differenza delle esperienze civili-militari durante le passate crisi mediche, le truppe internazionali hanno ritirato la maggior parte del loro personale e sono passate a modalità di lavoro in remoto, facilitando un persistente attacco alle strutture sanitarie e rendendo più difficile per i civili l'accesso all'assistenza medica; ciò a sua volta ha ostacolato un calcolo accurato dei decessi correlati al virus.

Il futuro obiettivo delle organizzazioni della società civile e dei loro partner internazionali dovrà essere, secondo il rapporto, lo sviluppo di reti di protezione basate sulla comunità che, in caso di ritiro improvviso delle truppe, garantirebbero l'accesso a varie attrezzature in modo da essere preparati ad agire da soli a livello locale. Le missioni dovrebbero disporre di piani di emergenza per consentire ai consulenti di rimanere nel paese durante le emergenze, poiché la creazione di una cultura della protezione richiede e si basa su un dialogo costante tra le comunità e le forze di sicurezza. 

Durante la pandemia, il senso di impunità delle forze di sicurezza locali ha potenzialmente contribuito ad un aumento dei comportamenti abusivi e delle frodi da parte delle organizzazioni internazionali e umanitarie; in alcuni casi estremi, interi progetti sono stati falsificati. 

Tuttavia, il COVID-19 è risultato tra gli ultimi posti nella lista dei rischi percepiti dalle popolazioni locali e dalle forze di sicurezza. 

La pandemia da coronavirus ha aumentato il rischio di danni civili in generale. In alcuni stati, la repressione violenta in nome dell'applicazione di legislazioni per il contenimento della pandemia avrà effetti a lungo termine sulle relazioni civili-militari. In altri, potrebbe essere necessario molto tempo perché i servizi di protezione cruciali per le popolazioni vulnerabili riacquistino la fiducia pre-pandemica. Nella sua conclusione, mentre le infezioni da virus erano in aumento sia in Africa che in Asia meridionale, il rapporto ha descritto il vaccino come la soluzione, amministrato dalla capacità di cooperazione dei governi, organizzazioni non governative e internazionali, società private e comunità così da garantire la distribuzione a livello globale.

 

Per ulteriori informazioni, consultare il rapporto completo:
https://civiliansinconflict.org/wp-content/uploads/2021/11/CIVIC_COVID_Report_Web.pdf

 

di Viola Rubeca

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