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Quando la riparazione precede lo sviluppo

Cartello che indica un programma di finanziamento della Banca Mondiale per un progetto comunitario ugandese Cartello che indica un programma di finanziamento della Banca Mondiale per un progetto comunitario ugandese © Stephen Muneza

Questo articolo è una breve presentazione del rapporto di ICTJ sulla necessità di porre le riparazioni alla base dello sviluppo in Uganda del Nord

Nel mese di settembre, l’International Centre for Transitional Justice (ICTJ) ha pubblicato il rapporto “Le Fondamenta delle Riparazioni. Garantire Assistenza Immediata alle Vittime Attraverso un’Assistenza allo Sviluppo Mirata”. La ventennale guerra in Uganda del Nord, conclusasi con la pace nel 2008, ha portato a delle sistematiche e pesanti violazioni dei diritti umani, da omicidi e stupri di massa a rapimenti e schiavizzazione. Queste azioni efferate hanno ancora oggi gravi conseguenze economiche, sanitarie e sociali che, combinate al mancato ripristino di buona parte dei servizi di base, rendono le vittime di guerra una realtà ancora attuale. L’accordo di pace stesso evidenzia come “vada data priorità a gruppi vulnerabili [generati dal conflitto]”, rendendo le riparazioni centrali nel processo di transizione. Il problema è che le azioni finora intraprese sono state principalmente simboliche o concentrate sul solo sviluppo post-bellico. Il report sottolinea come nelle fasi di transizione le riparazioni non possano essere sostituite delle politiche di sviluppo post-bellico, essendo anzi alla base dato il loro orientamento verso le vittime. Il centro si concentra, quindi, su come i programmi di riparazione vadano migliorati e relazionati con le diverse politiche allo sviluppo generale. Il rapporto è stato stilato attraverso interviste e focus group con diversi ufficiali, membri della società civile e vittime dei quattro distretti settentrionali interessati, combinati all’analisi dei documenti ufficiali ugandesi e dei rapporti internazionali.

Il centro evidenzia come attualmente il governo ugandese non abbia un programma unificato di riparazione, preferendo invece programmi di sviluppo e sussidio nelle aree più colpite dell’Uganda del Nord. Il problema è che questi programmi, oltre a non coordinarsi tra di loro, non prendono in considerazione i traumi, l’unicità e i bisogni delle vittime e quindi non si occupano della riparazione dei loro torti. La maggior parte delle politiche allo sviluppo si concentra sui grandi progetti infrastrutturali ed economici, rendendo, di fatto, molto del lavoro fatto poco mirato. Il report riconduce, quindi, questa cecità ad un approccio top-down che porta ad un’assenza di dialogo e ascolto delle comunità, generando procedure di ammissione macchinose ed escludenti. Questo mandato vasto e capillare viene, inoltre, affidato ad uffici regionali con una forte carenza di fondi e personale, rendendo impossibile affrontare i danni e bisogni psicofisici e legali di queste vittime. D’altro canto, diverse fonti affermano che l’assenza di trasparenza e responsabilità degli operatori pubblici porti ad una corruzione e inefficienza diffusa. Complessivamente, le vittime di questi efferati crimini sono il gruppo che si ritrova ad avere la possibilità relativamente più bassa di ricevere assistenza dai programmi di sviluppo, aumentando il rischio di deteriorazione delle proprie condizioni socioeconomiche. Il risultato finale è una mancata soddisfazione dei loro bisogni, che porta per esempio le vittime alla vendita delle provvigioni distribuite dal governo ad un prezzo basso per poter acquistare i beni effettivamente necessari. 

Il centro conclude che solo un approccio incentrato sul superamento delle sfide e degli ostacoli affrontati dalle vittime può permettere in primo luogo a questi soggetti di trarre l’eguale e giusto beneficio dai programmi e, in secondo luogo, di implementare in maniera efficace le politiche allo sviluppo. Il rapporto procede, quindi, con una serie di raccomandazioni per i diversi attori rilevanti. Al governo viene chiesto di avere un processo di progettazione multi-ministeriale e multi-programma, partendo dalla ricerca di fondi ed arrivando alla messa in pratica. Il processo deve essere sensibile alle vittime e alle questioni di genere, comprendendo le sfide quantitative e qualitative di ogni regione con una collaborazione costante con gli attori locali. Guardando ai governi locali, il centro consiglia di eseguire valutazioni accurate sul numero di vittime e sull’estensione del danno da loro subito. Partendo dai dati raccolti, la flessibilità degli attori locali gli permette di creare servizi di sostegno economico, amministrativo, educativo, psicologico e di riconciliazione sociale per le vittime ed i bambini nati durante il conflitto. Per raggiungere tale livello di comprensione diventa quindi indispensabile creare strumenti comunicativi e decisionali in grado di garantire un coinvolgimento attivo delle comunità e, soprattutto, delle vittime coinvolte. Sistemi di controllo sull’amministrazione ed un supporto alla società civile – quest’ultima invitata a monitorare, supportare e coadiuvare tutte le attività citate - diventano quindi la chiave per garantire una riparazione che sia conscia e soddisfacente per questi soggetti.

 

Per saperne di più:

https://www.ictj.org/publication/building-blocks-reparations-providing-interim-relief-victims-through-targeted 

 

Autore: Matteo Consiglio; Editor: Margherita Curti

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