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Pescatori di Uomini

“Search and Rescue” - Una donna tiene in braccio il suo neonato mentre guarda fuori dall'oblò attraversando il Mar Mediterraneo verso l’Europa “Search and Rescue” - Una donna tiene in braccio il suo neonato mentre guarda fuori dall'oblò attraversando il Mar Mediterraneo verso l’Europa © SOS MEDITERRANEE / MSF - Yann Merlin

Una riflessione personale di Lorenzo Rinelli

Il sindaco di Lampedusa e la Ong SOS Méditerranée selezionati per il premio Felix Houphouet Boigny.

Il 19 Aprile 2017 Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa, e l’organizzazione non governativa francese SOS Méditerranée hanno ricevuto il premio per la pace Félix Houphouët-Boigny per il loro impegno nell’assistenza di civili abbandonati in mare.

Il prestigioso premio per la pace è stato istituito nel 1989 grazie ad una risoluzione adottata e sostenuta da 120 paesi, in occasione della 25esima riunione della Conferenza Generale dell’UNESCO. Il premio venne intitolato a Félix Houphouët-Boigny, meglio conosciuto in occidente come “il saggio d’Africa”, per il suo sforzo nel tentare di portare stabilità e pace nel processo di decolonizzazione del continente africano.

Istituzionalizzando tale riconoscimento, la conferenza generale dell’UNESCO ha voluto ribadire il proprio impegno a rafforzare il dialogo e l’armonia tra le diverse culture. Il premio rappresenta infatti uno strumento per sostenere e dare visibilità a singoli individui, come il sindaco Nicolini, e ad organizzazioni, come SOS Méditerranée, impegnati nella creazione di un mondo basato sulla mutua assistenza e la fratellanza tra gli esseri umani.

Una migrazione tra protezione e sicurezza

La decisione presa dalla commissione di assegnare il premio a due soggetti direttamente coinvolti nel soccorso e nel salvataggio di naufraghi non sarebbe potuta giungere in un momento più critico. Ogni anno, in coincidenza del miglioramento delle condizioni atmosferiche, migliaia di persone dall’Africa attraversano il Mar Mediterraneo alla ricerca di un posto sicuro. Come spesso accade, alcune forze politiche in Europa danno un senso a questo fenomeno esclusivamente attraverso la lente della di sicurezza, rifacendosi alla definizione di mixed migration, la quale tende ad evidenziare la diversità di soggetti che lasciano il proprio paese. Si parla perciò di sicurezza, ma di chi o cosa?

La preoccupazione principale è raramente la sicurezza delle persone che attraversano il Mar Mediterraneo. Prima della caduta di Muammar Gaddafi nel 2011, la rotta centrale mediterranea era già, fra quelle che attraversano il deserto del Sahara e il bacino del Mediterraneo, una delle  più pericolose e affollate. Secondo quanto stimato dall’UNHCR e dall’OIM, il 2016 è stato l’anno in cui si sono registrati più decessi nel Mediterraneo (5.083 rispetto alle 3.777 del 2015 - 3.279 nel 2014 e già 1.089 nel 2017).

È inoltre significativo che il premio sia stato consegnato al sindaco di Lampedusa, un’isola che ormai da molto tempo rappresenta un porto sicuro per questa umanità in movimento, e ad un’organizzazione come SOS Méditerranée, che si occupa di pattugliare le acque intorno all’isola in soccorso di migranti in pericolo. Entrambi i soggetti sono stati criticati spesso per le stesse azioni per cui ora hanno ricevuto questo riconoscimento.

Nello specifico, alcune accuse sono state mosse recentemente da parte dell’agenzia Frontex, creata nel 2004 per il controllo delle frontiere europee, nei confronti di organizzazioni non governative che conducono operazioni di ricerca e salvataggio (SAR). L’ultimo rapporto Risk Analysis 2017 di Frontex, afferma infatti abbastanza apertamente, che le operazioni di questo tipo rappresentano un fattore attrattivo e un incentivo sia per i migranti che per i trafficanti di esseri umani. “Tutti i soggetti coinvolti in operazioni di ricerca e salvataggio nell’area del Mediterraneo centrale stanno involontariamente aiutando i trafficanti nel raggiungimento del proprio obiettivo al minor costo possibile, rafforzando il loro modello di business incrementando le loro possibilità di successo.” Tuttavia il fenomeno migratorio in questione e le sue ragioni non possono essere spiegate esclusivamente attraverso una lettura econometrica basata sui cosiddetti push and pull factors, i fattori di spinta e attrazione. Seguire questo tipo di approccio genera semplicemente un divario maggiore tra individui e tra questi e le istituzioni.

A livello nazionale, in Italia, il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, ha insinuato come alcune di queste organizzazioni abbiano contatti diretti con i trafficanti in Nord Africa e si coordino con questi per stabilire il luogo di recupero dei migranti prima ancora che il centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma fornisca loro le informazioni per un eventuale intervento. Il procuratore si chiede se queste stesse organizzazioni non ricevano in cambio denaro, facendosi finanziare quindi da trafficanti di armi e signori della guerra.

Di conseguenza le ONG si trovano ad oggi a dover affrontare queste accuse e a lottare per ribadire il proprio mandato. In una conferenza stampa congiunta i portavoce di SOS Méditerranée e di Medici Senza Frontiere si sono dichiarati alquanto sorpresi delle accuse riportate da Frontex.

La realtà dei fatti è che negli ultimi 20 anni, molti civili vittime di conflitti ed ingiustizie sono morti nel tentativo di raggiungere l’Europa nonostante le linee guida e raccomandazioni da parte dell’OHCHR su diritti umani e confini internazionali: “I confini internazionali non sono zone di esclusione o di eccezione per quanto riguarda la tutela dei diritti umani”, sia le organizzazioni internazionali che la società civile sono obbligate ad “assicurare la tutela dei diritti umani, della dignità e della sicurezza delle persone salvate in mare”.

In mancanza di una politica coerente ed unitaria a livello europeo e dell'iniziativa volta alla creazione di corridoi umanitari per migranti e richiedenti asilo, è nato un movimento consistente di organizzazioni che si impegnano ogni giorno per salvare vite umane. “Siamo qui al di fuori di ogni costrizione morale o legale come conseguenza dell’incapacità dell’Unione Europea di risolvere questo problema”, afferma Sophie Beau, co fondatrice e vice presidente di SOS Méditerranée “tutto quello che facciamo avviene nella trasparenza più totale, non abbiamo nulla da nascondere”.

Un nuovo spazio politico

Le zone di confine, come l’isola di Lampedusa, sono divenute luoghi in cui i diritti e le aspirazioni dei civili in fuga vengono messi alla prova. I diritti in questo spazio di confine vengono enunciati, assicurati e allo stesso tempo contestati. Per questo motivo, noi de L’Osservatorio, da sempre attenti alle ragioni che spingono i civili a fuggire e alle tensioni che si creano in queste zone di confine, abbiamo deciso di elaborare dei progetti sull’isola di Lampedusa. Qui si è creato un nuovo spazio politico basato su idee di ospitalità e umanità ed è proprio questo che è stato oggi riconosciuto e premiato dall’UNESCO.

Attraverso il video “La Porta d’Europa” il tema del traffico di richiedenti asilo viene affrontato sia attraverso le parole e le opinioni di coloro che sono stati soccorsi e i soccorritori stessi, ma anche di specialisti del settore umanitario ed esperti di diritti umani. Si mette in evidenza la necessità di aprire vie migratorie legali per contrastare il fenomeno del traffico di esseri umani, e allo stesso tempo il coinvolgimento sempre maggiore di giovani nell’attuale crisi umanitaria.

L’isola di Lampedusa è ormai simbolicamente divenuta un luogo di accoglienza sia per i migranti che per il gran numero di turisti provenienti da tutto il mondo. Potremmo quindi rappresentarla come una sorta di palcoscenico sul quale recitano diversi attori, a seconda del punto di vista che si vuole adottare. Lo stesso spazio scenico accoglie vittime, turisti, istituzioni internazionali e locali dando vita così ad un nuovo spazio di coabitazione ed umanità. Criticato e al tempo stesso elogiato da molti, questo concreto senso di umanità è riuscito ad ottenere il prestigioso riconoscimento che oggi celebriamo, il quale non mette sicuramente fine alle controversie ma che reclama a gran voce un continuo sforzo fatto di incontri, negoziazioni ed anche inevitabili incomprensioni tra le parti. E’ in questi luoghi di confine dove nasce la possibilità di generare un nuovo soggetto politico, capace forse di fronteggiare le sfide poste da una proliferazione di confini che si frappongono ovunque alla già difficile situazione dei civili vittime dei conflitti.

 

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