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Casi di tortura

Un ambiente di tortura Un ambiente di tortura © Shutterstock/Phase4Photography

Rassegna web 21 - 27 ottobre 2019 a cura di Federica Pira

1) Arresto in Germania per abusi commessi in Siria 

I pubblici ministeri tedeschi hanno imputato due cittadini siriani per crimini contro l'umanità, tra cui tortura e omicidio. Gli sforzi per perseguire i membri del governo di Assad sono nel corso del tempo falliti ripetutamente, poiché la Siria non è firmataria dello Statuto di Roma istitutivo della Corte penale internazionale (ICC). Inoltre, la Russia e la Cina hanno sempre posto il veto ai vari tentativi di conferire alla CPI il mandato di istituire un tribunale speciale per la Siria. Le autorità tedesche hanno però aperto i casi in esame facendo forza sul principio giuridico della giurisdizione universale, che consente di perseguire alcuni reati in un dato paese, anche se questi ultimi sono stati commessi altrove. 

Anwar Raslan e Eyad al-Gharib sono stati quindi arrestati a febbraio, in un'operazione coordinata da parte della polizia tedesca e francese. Secondo quanto riferito da fonti ufficiali, Raslan era al comando di un'unità investigativa all’interno di una prigione nota come Braccio 251, vicino alla capitale siriana di Damasco. I pubblici ministeri hanno affermato che, in tale prigione, almeno 4.000 attivisti dell'opposizione sono stati torturati dai subordinati di Raslan durante gli interrogatori commessi tra l’aprile del 2011 e il 2012. Secondo quanto dichiarato dalla Procura tedesca, le torture venivano perpetrate con sbarre, cavi e fruste. Alcuni prigionieri sono stati sottoposti a scosse elettriche, mentre altri sono stati "appesi al soffitto per i polsi, con solo le dita dei piedi che toccano il suolo". Molti di loro sono morti come conseguenza di tali maltrattamenti. Raslan è stato accusato di 59 accuse di omicidio, stupro e aggressione sessuale aggravata. Il ruolo di Gharib sarebbe invece consistito nel riferire direttamente a Raslan, arrestando i manifestanti e consegnandoli al carcere della Branch 251. Gharib è accusato di aver commesso sequestri e tortura di almeno 30 persone nell'autunno del 2011.

Raslan e Gharib hanno lasciato la Siria nel 2013 e sono entrati in Germania come richiedenti asilo rispettivamente a luglio 2014 e agosto 2018. Il processo, che dovrebbe iniziare nel 2020, è il primo nel suo genere per le torture sponsorizzate dallo stato in Siria.

 

 

Per saperne di più:

https://www.independent.co.uk/news/world/europe/syria-secret-police-germany-assad-crimes-humanity-murder-torture-a9176321.html

https://www.theguardian.com/law/2019/oct/29/germany-charges-two-syrians-with-crimes-against-humanity

 

  

2) Tortura e maltrattamenti commessi in Burma 

Il 21 dicembre 2018, l'esercito del Myanmar ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale nel Myanmar settentrionale ed orientale. Tuttavia, se anche possa dirsi registrata una riduzione del numero di scontri, i militari del Myanmar hanno continuato a commettere gravi violazioni contro i civili appartenenti alle varie minoranze etniche.

Alla luce di ciò, durante gli scorsi marzo e agosto 2019, Amnesty International ha intrapreso missioni di ricerca nello stato settentrionale dello Shan, al fine di documentare le gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, commesse nello stato settentrionale dello Shan a partire dalla metà del 2018. In totale, Amnesty International ha intervistato 88 persone, tra cui vittime e testimoni diretti di violazioni. L'organizzazione ha anche incontrato funzionari umanitari locali e internazionali, difensori dei diritti umani, leader di comunità, giornalisti e analisti politici e ha analizzato immagini satellitari e fotografie relative a specifici incidenti. 

Il rapporto finale documenta arresti arbitrari accompagnati da maltrattamenti che spesso ammontavano al grado di tortura. In particolare, la ricerca ha scoperto che i militari del Myanmar hanno sottoposto civili a detenzioni arbitrarie, arrestando spesso uomini e donne sulla base della loro identità etnica od il loro percepito legame con un particolare gruppo armato. Gli arresti e la detenzione venivano spesso accompagnati da torture e maltrattamenti consistenti in schiaffi, calci e pugni, e ciò al fine di ottenere informazioni sui gruppi armati etnici, oppure di costringere i detenuti a "confessare" di essere membri di tali gruppi. I detenuti venivano trattenuti in detenzione in incommunicado, senza accesso ad avvocati o - per la maggior parte - a familiari. In alcuni casi, i detenuti sono stati portati in basi militari ed ivi trattenuti per mesi.

L'esercito del Myanmar è stato più volte coinvolto in gravi crimini negli ultimi anni, in particolare a Kachin, Rakhine e negli Stati Shan. Un'indagine indipendente stabilita dalle Nazioni Unite ha richiesto che alti funzionari militari fossero indagati e perseguiti per crimini contro l'umanità e crimini di guerra commessi negli Stati di Kachin, Rakhine e Shan e per il crimine di genocidio nello stato di Rakhine. Nonostante ciò, i membri delle forze armate del Myanmar continuano a godere dell'impunità, della libertà e del potere di commettere ulteriori crimini. Il governo rimane incapace o non disposto ad indagare autonomamente su tali gravi violazioni, per non parlare di perseguire penalmente o addirittura sospendere i sospetti, ed ha ripetutamente rifiutato di cooperare con organismi internazionali per scoprire la verità e offrire giustizia.

 

Per saperne di più:

https://www.amnesty.org/en/documents/asa16/1142/2019/e

 

 

3) Tortura in Arabia Saudita 

Il 23 gennaio 2015, a seguito di una malattia prolungata, è deceduto Abdullah bin Abdulaziz Al Saud, re novantenne dell'Arabia Saudita, lasciando il paese in grave difficoltà per via di un’economia deteriorata, oltre che totalmente incapace di soddisfare le esigenze di crescita della popolazione. A fronte di ciò, Salman bin Abdulaziz, successore di re Abdullah, ha immediatamente provveduto a nominare il proprio figlio ventinovenne Mohammed, quale capo del Consiglio per gli affari Economici e di Sviluppo, rendendolo in tal modo il volto della riforma economica del paese; successivamente, nel 2017, lo ha elevato a principe ereditario, rendendolo il prossimo in linea con il trono saudita e sovrano di fatto del paese. 

Progressivi cambiamenti hanno subito provveduto a  trasmettere un'immagine positiva del principe ereditario. Tuttavia, una "realtà più oscura" si celava dietro la nuova fama del Principe Mohammed. In particolare, nell'estate del 2017, all'epoca della sua promozione a principe ereditario, le autorità hanno cominciato a rimuovere gli ex funzionari della sicurezza e dell'intelligence, adoperandosi per riorganizzare il servizio giudiziario e di sicurezza del paese - strumenti principali della repressione saudita - ponendoli direttamente sotto il regno reale supervisione della corte. Con l'apparato di sicurezza completamente sotto il controllo della corte reale, le autorità hanno quindi lanciato una serie di campagne di arresto contro gli oppositori politici del governo saudita, quali eminenti religiosi, intellettuali, accademici e attivisti per i diritti umani.

Come spiega Human Rights Watch, la detenzione di oppositori politici non costituisce - purtroppo - un fenomeno nuovo in Arabia Saudita. Invero, ciò che ha reso degne di nota le nuove ondate di arresto post 2017 è stata l'introduzione di nuove pratiche repressive, mai viste sotto la precedente leadership saudita. Queste nuove tattiche includono casi di detenzione in luoghi non ufficiali, in cui le accuse di tortura e maltrattamenti appaiono dilaganti. Le pratiche abusive includono altresì detenzione arbitraria a lungo termine, senza accusa o giusto processo. 

Nonostante la condanna globale della crescente repressione da parte del governo Saudita, il principe ereditario Mohammed bin Salman ha continuato a godere del sostegno di diversi leader mondiali, tra cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Alla luce di quanto sopra, Human Rights Watch esorta il governo Saudita a: rilasciare immediatamente tutti i prigionieri detenuti esclusivamente per la loro pacifica opposizione al governo; consentire ad un organo indipendente di indagare sulle accuse di tortura e maltrattamenti; garantire che gli autori siano ritenuti responsabili e che i sopravvissuti ricevano riparazione; consentire ai controllori internazionali di entrare nel paese, garantendo loro l'accesso senza restrizioni ai detenuti.

 

 

Per saperne di più:

https://www.hrw.org/report/2019/11/04/high-cost-change/repression-under-saudi-crown-prince-tarnishes-reforms



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