Rifugiato trova il suo rifugio nell’arte durante la pandemia

Solomon mentre dipinge a Tripoli durante la pandemia Solomon mentre dipinge a Tripoli durante la pandemia UNHCR/Mohamed Alalem

 

Le pareti arrugginite e bianche della stanza di Solomon Alema sono piene di immagini. Cinque grandi poster e un dipinto riempiono lo spazio. Lui è seduto sul pavimento mentre con le mani dipinge la sua nuova opera d’arte. E’ circondato da quaderni che contengono i suoi schizzi e dal materiale che usa per dipingere, i cui colori contrastano con la sua stanza buia. Per Solomon, l’arte -in cui ha trovato un rufugio- ha la priorità e non la sua condizione di rifugiato.

Il 29enne Solomon è un rifugiato eritreo che si trova a Tripoli insieme ad altri 49,000 richiedenti asilo che risiedono in Libia, ma per lui Tripoli non è la sua meta finale. Si immaginava uno studente volenteroso e un artista professionista lontano dal suo Paese natale e per questo ha spinto la madre a vendere i suoi gioielli e a farsi aiutare economicamente dai suoi familiari. Così ha pagato 5,500 dollari i trafficanti per portarlo in Europa via mare ma a metà del viaggio la sua imbarcazione è stata intercettata dalla Guardia costiera libica che l’ha riportata indietro, ponendo così fine ai suoi sogni.  

Dopo il periodo di detenzione, Solomon si è ammalato di tubercolosi a causa delle precarie condizioni igieniche del luogo in cui era stato imprigionato e per avere accesso a delle cure mediche è dovuto nuovamente entrare in un centro di detenzione. Ora risiede in una comunità che lo sostiene e lo incoraggia nonostante le difficili condizioni. 

L’accesso ai beni di prima necessità è quasi impossibile per molti rifugiati e richiedenti asilo. Solomon, i suoi compagni di stanza ed amici sono molto preoccupati per la mancanza di cibo e le poche risorse economiche che li costringono a dividere tra di loro i pasti. “Preferisco spendere tutto quello che ho per comprare il materiale per disegnare, ma la vita qui è veramente dura e non è facile concentrarsi sui disegni quando ci sono altre cose importanti, altre priorità”, ha riferito in un rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). 

L’UNHCR provvedere ad assicurare ai richiedenti asilo e ai rifugiati un supporto finanziario, l’assistenza medica e psicologica, e un rifugio; inoltre, insieme al World Food Programme, si occuperà di fornire aiuti alimentari a 10,000 rifugiati e richiedenti asilo -in particolare a chi ha perso il lavoro a causa della pandemia e si trova in uno stato di grave difficoltà economica- fino alla fine dell’anno.

Nell’attesa di ricevere un sostegno finanziario, Solomon continua ad immergersi nell’arte. Nei suoi disegni c’è un tema ricorrente perché ogni sua creazione è ricca di motivi e riferimenti: “Non abbiamo un posto in cui pregare in Libia, quindi usiamo le immagini. Quando le persone pregano, hanno speranza. Usare questi dipinti li aiuta e li fa sentire protetti dal pericolo”, ha detto Solomon.

L’arte è stata una strada per Solomon -che non ha una formazione artistica- per trovare la forza per svegliarsi ogni giorno. Invece che tenere per sé le sue opere, le mostra alla sua comunità per dare speranza e portare luce, invitando tutti ad utilizzare la fede come “arma” contro il difficile contesto in cui vivono.

 

Fonti:

https://www.unhcr.org/news/stories/2020/6/5ef1e85f4/art-provides-comfort-hope-eritrean-refugee-libya.html

https://reporting.unhcr.org/node/12003#_ga=2.137798389.412294645.1593941709-892549232.1593359228

https://www.wfp.org/countries/libya

 

Autore: Matthew Burgos; Traduzione: Silvia Luminati

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